Tutto pare filare liscio, fino a quando sulla loro strada i due troveranno Paul, un alieno poco abile nella guida precipitato sulla Terra nel 1947 in fuga da una base militare e pronto a tornare a casa: da quel momento le loro vite non saranno più le stesse.
E chi ne dubitava!?
Occorre fare una premessa, a proposito di Paul.
Le aspettative del sottoscritto, considerata la regia di Mottola - un piccolo feticcio di casa Ford dopo il mitico SuXbad - e la presenza di Simon Pegg e Nick Frost - praticamente degli insostituibili compagni di risate dai tempi di Shaun of the dead -, erano indecentemente alte.
Forse troppo, per quello che è, a tutti gli effetti, questo film: una simpatica, affettuosa, casinara operazione di amarcord per chi, come il sottoscritto, è cresciuto nel pieno dell'epoca degli E. T., dei Gooniese degli Incontri ravvicinati del terzo tipo.
L'epoca in cui i film d'avventura erano davvero film d'avventura, gli effetti speciali una meraviglia da rimanere a bocca aperta, le storie un continuo "io sono questo" o "quanto mi piacerebbe potermi ritrovare in quella situazione".
Forse stiamo cominciando ad invecchiare, o forse, certe cose si sono perse per strada.
Perchè sono anni che non trovo lo stesso spirito nei blockbusteroni da sala che un tempo radunavano intere generazioni di spettatori - forse l'ultimo grande fenomeno di questo tipo è stato Il signore degli anelli -, e lo stesso Spielberg è passato dalla meraviglia di un film girato ad altezza bambino - il suddetto E. T. - a quella porcata stellare vista dall'alto - esageratamente dall'alto, direi - de La guerra dei mondi.
Dunque Paul non sarà certo il film dell'anno, o il lavoro più importante dei suoi protagonisti, eppure è stato un ottimo compagno di un pomeriggio da siesta, divano, sole, patatine e birra - mi sono ridotto a quella a causa di una mancanza clamorosa di Coca Cola in casa Ford -, e tra una citazione e l'altra, l'atmosfera agghiacciante da raduno di fumettari sfigatissimi, qualche sberleffo alla chiesa, la squadra impagabile di Men in black - su tutti, Bill Hader, classificato ormai come mito dopo Hot Rod - e lo sboccato Paul - molto meglio in versione originale doppiato da Seth Rogen, piuttosto che nella versione nostrana, affidata alla voce di Elio, che da queste parti si ama tantissimo, ma occorre che faccia il musicista, e non il doppiatore, per l'appunto - ci si è trastullati felicemente viaggiando accanto ai protagonisti senza troppe pretese, arrivando a sfiorare, col pensiero, lo stesso desiderio di allora, "vorrei potermi ritrovare in quella situazione".
Un film leggero leggero, dunque, che pare fin da subito abbandonare ogni velleità di essere una sorta di nuovo Hot fuzz - fortunatamente - e si concentra sul mettere a proprio agio lo spettatore così come sono parsi nel realizzarlo attori e regista: certamente, il rischio è che il pubblico più giovane possa non apprezzarlo come dovrebbe, aspettandosi chissà quale divertentissima epopea di finta fantascienza, così come la critica "classica" potrebbe averlo già bollato pellicola di apparente inutilità come la più sterile delle operazioni nostalgiche dei mai dimenticati eighties, eppure credo che Paul, con il suo script estremamente lineare e semplice, le battute dell'irriverente protagonista, le risate - anche quelle telefonate - non pretenda nulla, dal pubblico, se non di lasciar perdere ogni pretesa e gustarsi tutto il pacchetto come quando, da bambini, si andava al Cinema con il pensiero che ci si sarebbe divertiti comunque, e tutto, dal viaggio in metropolitana alle patatine di Burghy, diventava parte di una mitologia che avrebbe costruito tutta la dolce malinconia che proviamo oggi, guardandoci indietro.
Insomma, Paul è come un bel ricordo. Va assaporato per quello che è, e poi lasciato andare.
Come un viaggio che finisce, ma che resterà sempre una tappa di qualcosa di più grande.
MrFord
"Your from a whole other world
a different dimension
you open my eyes
and I'm ready to go
lead me into the light."
Katy Perry feat. Kanye West - "E. T." -