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Paulette

Creato il 19 marzo 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

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Ecco una simpatica commedia francese in cui trovano una trattazione leggera anche le questioni della xenofobia e della criminalità giovanile nelle banlieue parigine. Il film nasce da una storia vera ed è frutto della collaborazione fra il regista Jérôme Enrico ed alcuni suoi studenti. Paulette è un’anziana signora da dieci anni vedova che arranca economicamente con una pensione di seicento euro, raffazzonando qua e là cibo, e non pagando bollette ed affitto. È una donna razzista e scontrosa che non si lascia intenerire né dal nipotino né dalla cortesia del genero perché di pelle nera, e trascorre il resto della giornata davanti a serie poliziesche americane. Presto le pignorano parte del mobilio e dei beni e le staccano le utenze. Essendo venuta a conoscenza dei traffici di hashish nel suo quartiere, riesce ad arrivare a Vito, il piccolo boss locale e a farsi assumere. Così nella sua cucina ha inizio la carriera da spacciatrice. A forza di colpi di coltello elettrico prepara le dosi e recuperando informazioni dal genero poliziotto e dai giovani del quartiere, si addentra nel mestiere. L’aria da brava e rigorosa anziana francese le procura presto molti clienti, che la preferiscono per serietà agli altri spacciatori. Riesce a farsi riallacciare le utenze, ad  acquistare un grande televisore a schermo piatto e tridimensionale e a pagare la remissione dei propri peccati con laute offerte al prete del posto. Il giro di traffici aumenta in quantità e proprio per questo viene aggredita e derubata dai giovani spacciatori locali, timorosi di perdere il monopolio. Grazie ad un litigio col nipotino, che per dispetto e ignaro mette del fumo nell’impasto della torta al cioccolato, escogita la brillante idea di preparare dei dolcetti a base di hashish. Le delizie di Nonna Tossica, come verrà ribattezzata, fanno faville, tanto da ricevere ordinazioni quotidiane proprio presso il suo appartamento. Le amiche di una vita con cui gioca a carte e va in chiesa si insospettiscono, sia per il nuovo guardaroba sia per il via vai nel palazzo. Ma questo sarà un bene per la rigogliosa attività di Paulette. Dal momento che le richieste di Vito si fanno più pressanti, crea con le sue amiche una vera e propria azienda per aumentare la produzione pasticcera. Il cambiamento economico coincide anche con un cambiamento morale, la vecchia burbera ritrova il suo cuore di nonna e di mamma. Ma una volta entrata nel traffico di droga la brava signora non può uscirne indenne. Le sue doti commerciali vengono premiate dal boss dei boss che la nomina sua socia e le affida il traffico delle altre droghe, invitandola a preparare dei pain au chocolat a base di cocaina. Paulette crede di passarla liscia ignorando le avance del criminale e in compagnia delle sue amiche offre una gita al mare al nipotino. Quest’ultimo al ritorno viene rapito, così Paulette e le amiche armate di armi giocattolo con tanto di occhiali da sole si intrufolano nel covo del boss, ne intimidiscono i bestioni, liberano il nipote. Vengono salvate dal blitz della polizia e non scontano la loro pena in carcere, grazie alla mobilitazioni della gente del posto e dei loro clienti. Ma la storia non finisce qui: dato che non vogliono rinunciare ad una vita agiata e più felice, trasferiscono la loro patisserie ad Amsterdam. Il film si inserisce nel filone de L’erba di Grace ed Irina Palm, dove le due protagoniste di mezza età si dedicano ad attività illecite l’una per pagarsi i debiti, l’altra per finanziare il costoso intervento del nipote. Paulette, interpretata da una spassosa Bernadette Lafont è però un personaggio più caratterista, e la nonnina che non tutti vorrebbero avere. Incolpa i Cinesi che hanno rilevato il suo vecchio locale per il fallimento dell’attività da pasticcera, bistratta inizialmente il nipote chiamandolo non con dolcezza “scimmietta”, si fa suadente solo per utilitarismo, propone la soppressione dell’amica Alzheimer incapace di giocare a carte, sgraffigna pezzi di formaggio, usa dello spray irritante per rubare uno scalogno e ritiene che il suo parroco sia meritevole di essere bianco. Paulette si fa portavoce di tutti quegli indigeni infelici che scaricano la rabbia sociale sugli stranieri, ma che possono cambiare le loro cieche posizioni attraverso una quotidianità vissuta e non quella televisiva. Di certo nel film questo avviene troppo semplicisticamente, ma è pur sempre una commedia dell’arte. Giocando sull’accostamento inaspettato tra lo stereotipo dell’anziana bacucca cattolica con tanto di foulard e di borsa scozzese per la spesa e quella dello spacciatore truce, il film riesce a strapparci molti sorrisi, anche grazie alla squadra delle amiche casalinghe in cui spicca Carmen Maura e all’idea dei “dolcetti corretti” di autentica e raffinata manifattura francese. Importante è la scena del mare quando Paulette  se ne sta sulla veranda col nipotino, e fa capolino la tristezza del ritorno, concretizzatasi nelle immagini dei grandi palazzoni di periferia senza anima e bellezza. Tra tutto ciò che le ristrettezze economiche privano i personaggi della vicenda c’è proprio la bellezza della vita, la possibilità di godersi una gita al mare in albergo. I soldi non fanno la felicità è vero, ma sono lo strumento per non morire di bruttezza mentre la si ricerca. E Paulette e le sue amiche scelgono di non rinunciare ai loro principi ma neanche ai loro desideri.

Voto 8/10



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