Paura.

Da Sorellajc
Non troppo tempo fa Zobeide mi chiese il perchè del mio continuo rimandare l'inevitabile incontro col maschio. Forse la risposta è la più banale, ma è vera: ho paura.Paura di un nuovo fallimento, paura che siano tutti etero (una paura stupida vista Milano e i locali che dovrei frequentare), paura di esserlo.Ieri sera, tra una lacrima e una canzone di Jeffree Star, mi sono chiesta di fare chiarezza, e qualcosa è successo: ho visto come io non mi fossi mai mossa in prima persona e come, anche adesso, tenda ad affidare i miei "coming out" a situazioni che me li forzino.Lo stesso trasferirmi a Milano fu una forzatura che tentai di impormi, e così tutte le pazze idee che mi vengono, ivi compresa il tatuarmi "gay" su un orecchio, o portare braccialetti con scritto "omo" tanto per fugare ogni dubbio.Non mi sono mai messa io, in prima persona ad "essere" gay, mi sono sempre messa in meccanismi che avrebbero duvuto forzarmelo, ma evidentemente hanno fallito, perchè se non mi metto io nulla succederà concretamente.Devo avere le palle di esserlo, di dirlo, di farlo, di sentirmelo, di buttare nel cesso la diffidenza che vedo negli occhi degli altri, di prendere una cazzo di giacca glitterata e andare in discoteca.Ma anche l'idea della giacca, o del vagare per l'università col rossetto è solo un altro modo di forzarmi, sono tentativi di saltare a piè pari il problema: solo quando mi sentirò pienamente gay, solo quando mi sarò pienamente accettato potrò vivere quella vita sociale che tutti hanno sin dai 16 anni, e che a me brucia non avere.Certo, ho paura di non farcela e di rimanere sempre così: in un limbo, fatto di web e di seghe mentali, e finito in depressione.
Come accettarmi, dentro?
Questa la domanda, ardua la risposta.

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