Da: LiveSiciliaCatania
Quel bicchiere di caffè sulla tomba...
CATANIA - Domenica 12 Gennaio 2014 - 20:12 di Laura Distefano
Sul gradino della tomba della famiglia Matà è ancora abbandonato quel bicchierino di plastica di caffè che il figlio Fabio aveva portato alla madre martedì pomeriggio. Maria Concetta Velardi, però, non berrà mai quel caffè: la 59enne sarà uccisa barbaramente con una grossa pietra lavica nel cimitero di Catania proprio quel maledetto 7 gennaio. Un mistero che si infittisce ogni ora che passa, mentre la polizia, incaricata dell'indagine coordinata dal pm Giuseppe Sturiale e dal procuratore Giovanni Salvi, sta analizzando ogni elemento nuovo che emerge.
Quello che sembra mancare in questo delitto è il movente: si profilano ipotesi e sospetti, anche quello dell'omicidio passionale, avanzato anche ai microfoni dei giornalisti da Giuseppe Lipera, l'avvocato del figlio della vittima, parte offesa nel procedimento, che ha ingaggiato un'agenzia investigativa nazionale per far luce su quanto è accaduto in quel lasso di tempo che va dalle 16.15 alle 16.45. Mezz'ora che hanno permesso all'assassino di uccidere la vedova.
Il bicchierino di caffè
Siamo tornati sulla scena del crimine, alla stessa ora: quel bicchierino di caffè dopo cinque giorni è ancora lì. Fabio Matà lo aveva portato alla madre, dopo che lui stesso era andato al bar per prendersene uno. Nessuno ha spostato quel contenitore: il coperchio ancora intatto, la bevanda nera all'interno, nemmeno una goccia versata. Il figlio è tornato, non ha visto la madre - questo risulta dalle sue prime dichiarazioni rese alla polizia - e si è immediatamente allarmato.Cerchiamo di ricostruire i momenti convulsi.Il bicchierino in mano probabilmente è stato abbandonato prima della macabra scoperta appena ha svoltato l'angolo dietro alla cappella: i piedi scalzi della madre che apparivano dal vialetto. La corsa verso quel punto e la scena dell'orrore: il corpo riverso supino per terra, il sangue tra i capelli biondissimi e una grossa pietra lavica sul volto. Prova a soccorrerlo spostando il pesante masso, impotente ha poi l'allarme lanciato al custode. "Mi sono sentito solo - ha raccontato venerdì alla Vita in Diretta, Fabio Matà - non sono stato aiutato da nessuno. Qualcuno deve - ha mormorato - aver visto e sentito qualcosa".La polizia indaga in modo serrato: nessuna pista privilegiata è la risposta ufficiale degli investigatori. Nessun nome è iscritto nel registro degli indagati, il fascicolo 137 del 2014 è contro ignoti. Ma tra i sospetti sembra esserci il figlio, in una fase iniziale delle indagini gli inquirenti non vogliono lasciare alcunché di intentato. E si scandaglia nel rapporto tra madre e figlio: una donna gentile, posata e sorridente che aveva fatto della cura della cappella dove riposavano il figlio minore Lorenzo e il marito Angelo, quasi la sua ragione di vita.Il tappetino bianco di pelo artificiale sul pavimento, la tendina con i fiori a forma di cuori con il nome di Lorenzo, attenzione per ogni minimo particolare in questa cappella che trasborda di fiori e piante. Il figlio, 40 anni, viveva a casa della madre a San Giovanni Galermo, è un militare di stanza a Maristaeli. "Nessuno sa cosa sto provando in questo momento " sussurra a pochi metri dalla tomba del fratello e del padre, circondato da amici e parenti che cercano di confortarlo. Un dolore atroce che si percepisce nelle sue mani tremanti: in pochi anni ha perso il padre e il fratello, uccisi dal cancro ed ora la madre, strappata alla vita da due mani assassine. Il suo avvocato, Giuseppe Lipera, respinge ogni possibilità anche di sospetto nei confronti del suo assistito. Fa sapere che i due investigatori privati, Angelo Panebianco e Alfio Tomarchio, stanno lavorando ed ogni elemento emerso sarà fornito alla polizia.
Gli esami del dna e le impronte digitali potrebbero essere la chiave di volta per questa indagine. Su questo punto le risposte degli investigatori sono molto prudenti: "Sono test scientifici molto delicati e che richiedono alcuni giorni per l'esito". La speranza ora è che l'omicida di Maria Concetta Velardi abbia presto un volto e che il suo delitto non resti uno dei tanti gialli irrisolti.+++++++
Ho scelto questo articolo fra i molti che hanno riportato questo orrendo delitto perché mi è sembrato quello più vicino ai fatti fin qui noti.Come accade sempre in questi casi, vengono scritte le cose più inesatte e fantasiose. Ho letto che "Fabio aveva accompagnato la madre fin dal mattino presto al cimitero.." poi "era andato alle 16:00 di nuovo a riprenderla..". Mi chiedo se chi scrive codeste assurdità ragioni sulle cose mentre scrive.D'accordo che, come molte persone colpite crudelmente dal destino, lei cercasse conforto curando il luogo dove i suoi cari riposavano andando lì ogni giorno, ma che ci passasse la giornata dal mattino fino alle h. 16:00 è una follia che il cronista che l'ha scritto poteva evitare rendendosi conto dell'assurdità.Un altro ha scritto che "aveva avuto nei giorni precedenti una lite con un vicino di tomba".Mentre qui si riporta ben altro: il vicino era oggetto di cortese attenzione da parte del figlio della povera signora che, per gentile consuetudine, portava anche a lui il caffé.
Le indagini, si spera, chiariranno molti aspetti: se veramente la donna si recasse tutti i giorni ed alla stessa ora sulla tomba, se era usa togliersi le scarpe per non sporcare l'interno ecc., aspetti che possono cambiare di molto l'interpretazione dei fatti ed indicare meglio il possibile assassino.Alcuni giornali hanno scritto che ha perso le scarpe cercando terrorizzata di sfuggire al suo assassino... Se così fosse, ad esempio, il gesto di averle raccolte e messe in ordine accanto alla tomba o, come ha scritto qualcuno, all'inizio del vialetto, avrebbe un significato criminologico orientativo verso certe ipotesi... Insomma i particolari sono importantissimi e servono belle menti per interpretarli nel modo giusto. Infine si spera che abbiano sufficienti dati scientifici per individuare chi l'ha uccisa. In mezzo a delitti quotidiani che ormai accadono nel nostro Paese questo, che ho appreso in prima battuta dalla trasmissione "Chi l'ha visto?", mi ha pietosamente colpito per la povera signora uccisa in un luogo che dovrebbe essere di raccoglimento, di pace e di silenzio... Qualsiasi sia il movente è un classico delitto di impeto: basta pensare all'arma usata, una pietra o più pietre.
Ora capisco che il mio non avere paura di niente, che mi spinge ad andare nel cimitero di Prima Porta nelle ore e nei giorni in cui c'è pochissima gente, a volte nella zona dove vado io non c'è proprio nessuno, può essere pericoloso. Qualche volta ho pensato che qualche malintenzionato poteva cercare di rapinarmi data l'estrema solitudine del luogo... Ma la mia sicurezza in me stessa e nelle mie capacità di reazione mi facevano passare l'inquietudine. Sbagliavo: sono solo stata fortunata.