Paura e comunicazione, come gli italiani vivono le emergenze (quelle vere e quelle false).

Creato il 11 aprile 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog

di David Incamicia |
L'uranio impoverito? Fa paura a più di 9 italiani su 10. Gli Ogm? La metà è contraria. La pandemia da nuova influenza A? Nonostante il flop delle vaccinazioni, la maggioranza dei connazionali assicura di avere adottato misure anti-contagio contro il virus H1N1. Sono questi, in sintesi, i risultati di un progetto finanziato dal Ministero della Salute per capire come vengono vissuti nel nostro Paese gli allarmi sanitari.
Il progetto "Percezione dei rischi per la salute derivanti da minacce ambientali, con particolare riferimento all'uranio impoverito. Costruzione di un quadro di riferimento per la comunicazione istituzionale" - si legge in una nota - è il frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori del Dipartimento di scienze dell'educazione dell'Università di Bologna. Gli studiosi hanno analizzato come le persone percepiscono i rischi ambientali e come le istituzioni possono comunicarli al meglio alla popolazione. In particolare, il team si è concentrato su 3 minacce d'attualità: uranio impoverito, influenza da virus H1N1 e alimenti geneticamente modificati.
L'uranio impoverito - emerge dalla ricerca - evoca concetti estremamente negativi come morte, cancro e malattia nel 94% della popolazione italiana, soprattutto fra gli adulti, le donne e i cittadini politicamente più schierati. Benché la maggioranza degli abitanti della Penisola abbia scarse conoscenze in materia, l'uranio impoverito viene giudicato una minaccia grave, spaventosa, moralmente non accettabile, poco controllabile, nota solo alla scienza e agli esperti. In particolare, nei meno informati i timori sull'uranio impoverito sembrano derivare più da generiche associazioni con la contaminazione radioattiva dovuta a esplosioni nucleari per cause accidentali (Chernobyl) o guerre (Hiroshima).
Negli ultimi 20 anni - risulta dal progetto - l'interesse della stampa italiana per l'emergenza uranio impoverito è stato alto solo in corrispondenza dell'attività delle varie commissioni d'inchiesta istituite per far luce sul ruolo della sostanza nelle malattie osservate fra i militari. E dallo studio emerge anche che i media, almeno inizialmente, sono stati gli unici attori dell'informazione in materia. I militari e i loro familiari bocciano infatti la comunicazione istituzionale, accusandola di scarsa tempestività e prese di posizioni tardive. Elementi che da un lato hanno minato la credibilità delle istituzioni stesse, dall'altro hanno contribuito a un'amplificazione dell'allarme e del rischio percepito, rafforzando l'idea che gli attori istituzionali avessero qualcosa da nascondere.
Secondo lo studio, nella stagione influenzale 2009/2010 caratterizzata dall'allarme pandemia da virus H1N1, quasi due terzi degli italiani hanno adottato contromisure per prevenire il contagio. Ad esempio, il 60% riferisce di essersi lavato o disinfettato le mani più spesso di prima. Anche in questo caso, le più attente sembrano essere le donne. Chi si è protetto vaccinandosi lo ha fatto perchè si fidava delle autorità sanitarie. Inoltre, le raccomandazioni comportamentali diffuse dal Ministero della Salute nei mesi caldi dell'emergenza sono state tanto più ascoltate quando maggiore era il sentimento di preoccupazione nei confronti del virus.
In definitiva, la ricerca promuove le campagne sociali che consigliano il vaccino anti-influenza alle categorie più a rischio come ad esempio gli anziani: i dati hanno evidenziato che l'esposizione a un messaggio, costruito utilizzando storie di vita in cui i protagonisti sono simili ai destinatari della campagna, può influire sulla percezione della gravità della malattia e dell'efficacia dello scudo rappresentato dal vaccino.
Più della metà degli italiani, secondo la ricerca, è contraria al consumo di alimenti Ogm. Un terzo si dice scettico nei confronti della tecnologia che permette di produrre cibi transgenici, pur precisando che se questa si dimostrasse di qualche utilità per i consumatori, sarebbe disponibile a comprare prodotti Ogm. Infine, chi si dichiara disposto a metterli nel piatto senza problemi la pensa così perchè percepisce i possibili vantaggi di questi alimenti. Lo studio rileva tuttavia che per gli italiani è difficile farsi un'idea propria sugli organismi geneticamente modificati: sulla stampa nazionale, infatti, i discorsi sugli Ogm sono soprattutto ideologici e politici. L'informazione - sostengono i ricercatori - è frantumata e poco scientifica.
In conclusione, come si comunica correttamente un possibile rischio sanitario? Gli autori dello studio stilano un elenco con 5 regole d'oro:
1) Si comunica al meglio conoscendo i processi psicologici e sociali implicati nella percezione del rischio. E' necessario considerare le caratteristiche del rischio che ne influenzano la percezione, i meccanismi psicologici e sociali che entrano in gioco quando le persone devono stabilire se sono a rischio o meno, e il modo in cui i rischi sono ricostruiti socialmente, nei discorsi della gente comune e attraverso i mass media.
2) Ancora, quando si comunica è bene conoscere i propri interlocutori e costruire un rapporto di fiducia con loro. La comunicazione è un processo che coinvolge molti attori. E' importante agire tempestivamente considerando la prospettiva e le preoccupazioni degli interlocutori, dare le informazioni di cui si è in possesso, limitando al minimo le omissioni e chiarendo i limiti delle proprie conoscenze.
3) Si comunica correttamente un possibile rischio sanitario sviluppando messaggi efficaci. Occorre usare linguaggi chiari, pensati per i propri interlocutori, evitare tecnicismi e chiarire il significato dei numeri, dosando il ricorso a immagini e analogie. Bisogna mettere i propri interlocutori in grado di comprendere la comunicazione scientifica.
4) E' utile lavorare coi mass media, mettersi in condizione di usare il potenziale di amplificazione sociale dei mezzi di comunicazione a partire da una conoscenza delle loro caratteristiche e del loro modo di funzionare.
5) Infine, pianificando e valutando ciò che occorre comunicare. E' fondamentale usare le conoscenze disponibili per comunicare il rischio e costruirne di nuove mentre il processo di comunicazione è in corso.
Fonte: Televideo Rai

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