Lavorando da casa ormai da diversi anni è da un po’ che non ho a che fare col problema della pausa pranzo. Anche quando lavoravo in ufficio la distanza – e il tempo della pausa – fortunatamente era tale da permettermi con una breve passeggiata a piedi di ritornare a casa per mangiare. Perciò le mie esperienze in fatto di panini, quadrati di pizza, mense e tutto il corollario di cibo da ufficio sono state limitate a brevi periodi.
Recentemente però ho cominciato un corso che si tiene lontano da casa, esattamente a cavallo dell’ora di cena, più il tempo di andare e venire: abbastanza per ritrovarsi digeriti dal proprio stesso stomaco.
I primi giorni – non sapendo bene quanto tempo avremmo avuto a disposizione per rifocillarci ed evitare di autodigerirmi dall’interno – mi sono affidata ai distributori automatici fuori dall’aula, ma un paio di giorni di merendine avvolte nella plastica e mezzilitri d’acqua (e nemmeno un raccoglitore della differenziata nei dintorni) sono stati più che sufficienti.
Così ho deciso di portarmi la cena da casa e ho deciso di optare per l’accoppiata bento + furoshiki.
Il bento è il contenitore tipico giapponese per i pasti fuori casa, come chiunque abbia avuto un’infanzia accompagnata dai cartoni animati dagli anni ‘80 potrà sicuramente confermare. Ne esistono delle fogge e dei materiali più diversi, spesso diviso in scomparti per i diversi cibi.
Comporre un bento è una vera e propria arte, e la rete pullula di blog forum e community dedicate al bento ed ai risultati più spettacolari nella disposizione del cibo. Esiste tutto un sottobosco di formine per disporre il riso, cutter per le uova e molto altro, che ho tranquillamente tralasciato, avendo scelto il bento come modo ecologico di portarmi dietro il pranzo, non come spunto per nuovi acquisti non particolarmente essenziali.
Il bento viene generalmente trasportato in un fazzoletto quadrato annodato, chiamato furoshiki. L’uso del furoshiki non si limita solo a questo: praticamente tutto ciò che deve essere trasportato può essere avvolto nel furoshiki: un regalo, un libro da restituire…
La particolarità del furoshiki è proprio sua versatilità: un semplice quadrato di stoffa annodato in modi diversi può contenere pressoché qualunque cosa. Non a caso nel 2006 il ministero per l’ambiente giapponese ha patrocinato una campagna per il ritorno in auge del furoshiki come alternativa alle buste di plastica usa e getta.
Ci sono furoshiki dei materiali più disparati e dalle fantasia più diverse, ed in Giappone esiste un vero e proprio galateo per cui ogni occasione ha un suo materiale e disegno specifico.
Ovviamente avrei potuto risolvere il problema del pranzo con una sportina qualunque ed un tupperware, ma ho deciso diversamente perché sono convinta che anche la più sobria delle insalate abbia un sapore diverso se apparecchiata con la debita cura o mangiata dentro un contenitore di plastica.
E anche perché sono dell’idea che cambiare le proprie abitudini in modo più sostenibile per l’ambiente non abbia niente a che vedere con l’ascetismo o la mortificazione dei sensi, al contrario spesso porti a porre un’attenzione nelle cose che le rende più belle e soddisfacenti di qualunque corrispettivo usa e getta.
Qualche link per approfondire:
- Furoshiki, su Comidademama
- Le piegature principali del furoshiki
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Foto di unchienne