Ne deriva una riflessione: come mai, nonostante la crisi nera del settore, nonostante i sindacati come ANDI e AIO ripetano come un mantra che gli studi chiudono e la gente non si cura più come prima, che il rapporto cittadino/dentista in Italia è di 1042 rispetto a 2000 come consiglia l’OMS, come mai il Miur aumenta il numero degli accessi ad odontoiatria costantemente, da quattro anni. Perché? In base a quale previsione di pianificazione? Forse prevede una ripresa del settore che altri non vedono? Ma la sentenza della Corte Europea e soprattutto la politica di pianificazione del Ministero - ritenuta da più parti ormai del tutto fallimentare oltre che inutile perché non serve calmierare gli accessi allo studio sbandierando il vessillo della qualità della formazione se poi il lavoro manca, a meno di non subentrare ad un dentista in pensione o avere uno studio “di famiglia”, o viene prospettato solo da catene di cliniche dai nomi ben noti dove però si lavora con la mentalità da “polli da batteria” considerando il paziente solo un conto corrente da spremere e non una persona-paziente da ascoltare – i due fatti dunque, riportano alla memoria un recente quanto accalorato intervento del presidente di ANDIPavia il dottor Giuseppe La Torre che in una lunga lettera aperta, in risposta al presidente di ANDI nazionale Gianfranco Prada esultante per la sentenza della Corte Europea, stigmatizzava invece la scelta del numero chiuso così come è concepita, e una pianificazione che in realtà, come è strutturata, non serve allo scopo. (QUI)
Considero del tutto ingiuste, ingiustificate, criticabili e perfettibili le motivazioni e i criteri d’ammissione adottati, al limite della legittimità: in senso specifico per tipologia procedurale ed in senso più generale per sua intrinseca natura, essendo regolamentazione lesiva della libertà di scelta e contraria al principio di uguaglianza e pari opportunità.
Il corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria deve avvalersi di strutture universitarie perfettamente attrezzate, e di un collegio di docenti adeguato al numero degli studenti: prerogative indispensabili per formare dentisti preparati e capaci. Come molti di noi sostengono da sempre, si ammette ora che limitare gli accessi ai corsi di laurea contingentati sia la soluzione non al controllo di un corretto rapporto domanda/offerta secondo normale analisi imprenditoriale, ma più tristemente all’incapacità organizzativa delle strutture universitarie (per indisponibilità progettuale ed economica dello Stato) a soddisfare adeguatamente la richiesta formativa dei neo-studenti, aspiranti professionisti nel loro e nostro futuro.
Pochi posti, troppe richieste: non possiamo concedere a tanti nostri figli la possibilità di realizzare i loro sogni. Si costringe quindi una parte di loro a rinunciare alle proprie aspirazioni, non consentendogli di coltivare personali inclinazioni e realizzare così importanti obiettivi. Consapevoli che il tempo vissuto sul lavoro (laddove esista il lavoro) assorbe la maggior parte della vita dell’individuo, impedendogli di provare a costruirsi una professione gli precludiamo la possibilità di vivere secondo scelta, smorzandone sogni, entusiasmi ed ideali.
Mentre normative nazionali contingentano il numero di neo odontoiatri italiani, accordi europei impongono di accogliere indiscriminatamente tutti i colleghi stranieri che immigrano dai paesi UE, e sempre più facilmente da Paesi più lontani; colleghi con percorsi formativi e lauree parificabili alle nostre, cui le porte della professione non possono essere né chiuse, né regolamentate; in Europa esistono istituti universitari di ogni livello e tipologia, da ottimi a fasulli, tutti liberamente accessibili.
Così, i più ostinati tra i “candidati italiani non ammessi” cercheranno fortuna all’estero, mettendo a dura prova affetti e risorse economiche delle famiglie di appartenenza; a laurea ottenuta i migliori di loro troveranno soddisfazione nei Paesi che li hanno accolti, gli altri torneranno e opereranno in barba al contingentamento e alle necessità del mercato, col benevolo assenso del Diritto europeo. Non mi sembra, questa, una politica nazionale accettabile; né può essere questione ignorata ancora a lungo, riconoscendo nella problematica un obiettivo sindacale di primaria importanza.
ANDI potrebbe richiedere un approccio risolutivo del tutto diverso:
1) investimenti strutturali per consentire maggiori chance agli aspiranti, riducendo l’enorme divario tra richieste di iscrizione e posti disponibili;
2) la revisione dei criteri valutativi, assegnando le immatricolazioni per meriti e requisiti, elevandone se necessario il livello; non utilizzando generici quiz, poco o nulla attinenti, che lasciano ampi margini al caso e alla fortuna;
3) il controllo contingentato, questo sì, degli ingressi dall’estero in funzione dell’ottimale rapporto Sanitari/popolazione, contrastando la “pletora odontoiatrica” non a scapito dei neo Odontoiatri italiani e dando senso compiuto al “patto generazionale” di cui spesso si parla senza peraltro attivare soluzioni concrete e risolutrici.
Questo e molto altro, dovremmo aspettarci dal più rappresentativo Sindacato di Categoria.
A Prada lasciamo le sue opinioni e la soddisfazione per lo “status quo”.
Gli saremmo grati se, quando si esprime in nome e per conto dell’Associazione, specificasse se si tratta, o meno, di sintesi condivise".