PAVIA Digging up excavations “Scavare gli scavi”: come riaprire gli scavi del passato
Creato il 09 gennaio 2015 da Agipapress
PAVIA.
La riapertura di cantieri archeologici in siti già indagati in un passato più o
meno lontano: questo il tema del seminario di archeologia che si articolerà nelle
due giornate di giovedì 15 e venerdì 16 gennaio, in Aula Goldoniana al Collegio
Ghislieri dal titolo “Digging Up Excavations”.
Due
giorni per discutere e approfondire una questione metodologica poco studiata
eppure straordinariamente attuale, e percepita come tale anche in Italia: la
riapertura di vecchi scavi con metodiche attuali.
Tema
specialistico, se vogliamo, ma trasversale e rivolto specialmente agli studiosi
della preistoria, del mondo classico e del medioevo, oltre che di ampi
orizzonti geografici e culturali.
Si
tratta infatti di situazioni relativamente frequenti in Paesi come l'Italia o la
Grecia, nei quali il patrimonio archeologico
è tanto ricco e diffuso sul territorio, da avere una tradizione di ricognizioni
e scavi, antica e continuativa.
Per
l'archeologo che oggi interviene in un sito già in parte indagato da altri,
riprendere il processo di esplorazione proprio dagli strati raggiunti da
colleghi anche di un secolo prima significa dover affrontare grandi difficoltà,
sia nella lettura dell'evidenza stratigrafica sia nell’analisi della
documentazione
precedente.
“La
tecnica di cantiere, per non dire il lessico, erano enormemente differenti –
spiega il professor Maurizio Harari, componente del comitato scientifico
del Convegno (al centro nella foto) –. Per l’archeologo si tratta di riafferrare il bandolo di una
matassa già svolta e riavvolta da altri, che agirono in contesti ideologico
culturali e metodologici assai differenti dal nostro”.
L'idea
del seminario nasce da due neodottori di ricerca Paolo Rondini e Lorenzo
Zamboni - che hanno attualmente responsabilità di tutor e
supervisori di saggio nell'importante scavo etrusco di Verucchio (Rimini),
avviato dall'Università di Pavia nel 2011, sotto la direzione scientifica del
professor Maurizio Harari.
“Si
tratta di una call riservata a studiosi non ancora accademicamente strutturati
o, se strutturati, in fase iniziale di carriera – continua Harari – coerentemente
con lo spirito dell’iniziativa, che punta allo svecchiamento di pratiche e di
competenze”.
Giovani
specialisti, in ogni caso rigorosamente selezionati da un comitato scientifico
della massima autorevolezza: accanto ai tre docenti di discipline archeologiche
dell'Università di Pavia (Maria Elena Gorrini, Maurizio Harari e Stefano
Maggi), vi sono Cristina Chiaramonte Trerè (Università degli Studi di Milano) e
Alessandro Naso (Università di Innsbruck e CNR di Roma).
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