Si chiama Chang'e 3 ed è la sonda cinese a sei ruote sbarcata ieri sul suolo lunare per fare luce su una zona precisa del satellite, il Mare Iridium. Un allunaggio perfetto avvenuto in dodici minuti, partendo da quindici chilometri di altezza. La notizia è stata diramata con clamore dalla televisione di Stato cinese, la Cctv. Un grande risultato per la Cina, e (in teoria, se vengono messi da parte gli interessi geopolitici) per il mondo intero, se è vero che l'ultimo oggetto meccanico a posarsi "morbidamente" sulla superficie lunare è stata la sonda sovietica Luna 24, nel lontano 1976.
Ma che ci fa la Cina sulla Luna? Semplicissimo: sta studiando la sua geologia per poter mandare entro pochissimi anni i suoi astronauti e capire in che modo sfruttare al meglio le risorse del satellite. Fa gola ai cinesi soprattutto l'elio-3, isotopo rarissimo sulla Terra, ma molto abbondante sulla Luna. Composto da due protoni e un neutrone, potrebbe essere utilizzato come combustibile per la fusione nucleare. Una panacea. Chi per primo saprà farlo suo, risolverà qualunque problema economico e ambientale. Ecco perché i cinesi si stanno muovendo con tanta premura. E lo stanno facendo conoscendo molto bene le proprie eccezionali possibilità, se è vero che la capacità spaziale di una nazione va di pari passo con la sua potenza economica. E non serve ricordare che la Cina è fra le nazioni che sta crescendo a maggiore velocità. In una città come Shangai la produzione industriale su base annua aumenta del 24%, le esportazioni del 67%, gli investimenti immobiliari decollano ed è solo uno fra i tantissimi esempi. La Cina ha l'occhio lungo e già da un pezzo si è mossa per far valere le proprie ragioni in campo spaziale. Prima di Chang'e 3 ci sono stati Chang'e 1 e Chang'e 2. Il primo, lanciato nel 2007, ha realizzato una mappa tridimensionale ad alta risoluzione di tutta la superficie lunare; il secondo, spedito nello spazio tre anni dopo, ha condotto ricerche soprattutto in orbita, a un centinaio di chilometri dalla superficie, preparando il campo per la terza missione. Il cosiddetto Progetto 921 risale, invece, al lontano 1992. Con esso Pechino dà vita a una navicella vagamente simile alla Soyuz russa, quasi ottomila chili di peso e un'altezza di circa nove metri. Le cose vengono elaborate al dettaglio, e la nave spaziale pechinese è in grado di attraccare perfettamente alla Stazione Spaziale Internazionale. Il 15 ottobre 2003, dopo vari test, la Cina lancia nello spazio il primo uomo: ha 38 anni e si chiama Yang Liwei. Ma non finisce qui. Perché è dal 2011 che i cinesi stano lavorando anche alla prima stazione spaziale. Durante l'anno, infatti, grazie all'azione del razzo "Lunga Marcia-IIF", viene lanciato il Tiangong-1 dal centro spaziale di Jiuquan, il primo modulo della futura base, che secondo le previsioni potrebbe essere pronta nel 2020. Sarà lunga 18 metri e peserà 60 tonnellate. I tecnici e gli ingegneri cinesi viaggiano con gran dimestichezza, anche perché sanno elaborare i propri progetti sulla base dei tanti errori compiuti da USA e URSS nelle rispettive storie spaziali. Con un obiettivo ben preciso: lanciare un equipaggio umano entro il 2025 e poter vincere, in pratica, la nuova corsa allo spazio. Ma non sono solo i cinesi a guardare alla Luna e indirettamente al fantasmagorico Marte. Ci sono anche gli indiani, arrivati sul satellite nel 2008, grazie al MIP (acronimo di Luna Impact Probe); e gli iraniani, che nel giro di due anni hanno lanciato nello spazio due scimmie a bordo di una capsula, riportandole a casa sane e salve.