Pedagogia: Attaccamento e babywearing

Creato il 22 marzo 2015 da Isa Voi @VoiIsa
La rubrica della dott.ssa Anna Surace, pedagogista

L’esplorazione dell’ignoto mondo esterno può avvenire solo se il bambino sente di poter avere una base sicura a cui tornare in ogni momento e ogni volta ne senta il bisogno se, per esempio, si sente in un qualche modo minacciato o spaventato o semplicemente vuole condividere una scoperta.Il rimando doveroso è agli studi di Bowlby1 sull’attaccamento e allo sviluppo della Strange Situation a cura di Ainsworth.Tali studi mostrano quanto stretto sia il legame tra esplorazione dell’ambiente da parte del bambino – presenza di una base sicura di riferimento (denominato caregiver, cioè colui che si prende cura del piccolo, che può essere la mamma o chi fa per lei o qualunque adulto significativo per il bambino, come ad esempio i nonni, l’educatore del nido ecc.).Il tipo di “presenza” del caregiver che si pone in relazione con il bambino è stata definita “stile di attaccamento” e tale stile può essere:-sicuro-insicuro evitante-insicuro ambivalente-disorganizzatoL’esplorazione sicura del mondo, senza eccessive ansie è tipica all’interno dello stile sicuro di attaccamento bambino – caregiver. Negli altri casi l’esplorazione sicura dell’ambiente può risultare poco efficace, di scarso interesse o compromessa o (nello stile disorganizzato) quasi del tutto assente.
Ma la costruzione della base sicura quando comincia?Dopo la nascita il contatto fisico tra caregiver e bambino è fondamentale nella costruzione di tale relazione: per quanto concerne l’accudimento “pratico” del bambino (pensiamo all’allattamento, al cambio, all’igiene, ecc.), è necessario e non può essere differente da così che il bambino entri in contatto fisico con la madre, ma tenere in costante contatto, stretto al corpo della madre il bambino ha origini antichissime.
Ce ne danno prova studi antropologici che dal secondo ‘800 in poi si sono adoperati a uno studio non solo teorico, ma anche sul campo, delle diverse popolazioni del mondo, ricostruendo usi e costumi nella storia, anche per quanto riguarda l’allevamento dei bambini (pensiamo, per esempio, alla Rogoff, alla Mead, a Malinowskij, a Boas, ecc.), ed alcuni di essi parlano di un modo particolare di creare contatto fisico tra madre e bambino. Ad esempio, in uno studio sulla cura del bambino della popolazione !Kung, nel deserto del Kalahari (1969 – 1971), Konner2 ci parla del rapporto costante di contatto tra la mamma e il piccolo e, addirittura, descrive un tipo di imbracatura in cui il piccolo viene sistemato in modo che sia a contatto pelle a pelle con la madre, sostenuto e protetto, ma, soprattutto, il bambino è libero di muoversi in quanto la fascia non è particolarmente costrittiva e può esplorare il mondo dalla posizione sicura sul lato o sulla schiena della madre, vedendo praticamente ciò che vede la mamma.
Questo metodo, ci spiegano gli antropologi, affonda le sue radici nella tradizione ed è tutt’ora usato non solo presso popolazioni tribali simili ai !Kung, ma anche in molte parti del mondo. Nei Paesi occidentali, infatti, è stato rielaborato e adattato a gusti moderni, prendendo il nome di Babywearing. Una vera “moda” ultimamente tra le mamme (e i papà), che con l’ausilio di fasce e supporti morbidi riescono a legare il neonato al proprio corpo in una posizione comoda per il bambino e pratica per l’adulto, rendendo sicuramente unica l’esperienza di crescita insieme con il proprio piccolo “corpo a corpo”.
Chi avesse esperienze, positive o negative, con questo metodo alternativo di portare i piccoli può condividere la sua storia! 

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