Il 26 marzo 2010 la stampa cercò anche di coinvolgere Benedetto XV, le accuse partirono dal “New York Times” e arrivarono anche in Italia, su tutte le prime pagine dei quotidiani. Il caso fu quello di padre Lawrence Murphy, un “prete” che dal 1950 al 1974 aveva lavorato in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee abusando di centinaia di ragazzi.
Jeff Anderson, l’affarista avvocato americano che si “occupa” di difendere le vittime abusate da sacerdoti, cercò di tirare in ballo il Pontefice, che al momento dei fatti guidava la Congregazione per la Dottrina della Fede, accusandolo di “insabbiamento” e sostenendo che la responsabilità delle azioni di un dipendente possono ricadere sul suo datore di lavoro (in questo caso, la diocesi di Milwaukee dove era padre Murphy), ma anche sulla Santa Sede perché il Papa può nominare – e dunque, secondo la teoria, controllare – i vescovi in tutto il mondo. Il quotidiano “La Repubblica” andò perfino a pubblicare una foto d’archivio in cui il sacerdote pedofilo era assieme a Ratzinger, mentre la nota associazione Snap (della cui attività diffamatoria abbiamo creato un dossier) iniziò a distribuire volantini contro Papa Ratzinger al confine tra l’Italia e la Città del Vaticano. Il vati-laicista de “Il Fatto Quotidiano”, Marco Politi, consumò fiumi di inchiostro accusando Ratzinger di “insabbiamenti”, di “perdita di credibilità” e chiedendone implicitamente le dimissioni.
Tuttavia in questi giorni, qualche riga su alcuni quotidiani informa la chiusura davanti alla Corte distrettuale del Wisconsin della vicenda ritenuta “il caso più emblematico di insabbiamento”, ovvero il “caso Murphy”. Tutte le denunce contro Ratzinger e i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano sono state ritirate. L’avvocato della Santa Sede, Jeffrey S. Lena, ha spiegato che si è fatta «l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla corte. Hanno ritirato tutto perché sapevano che avrebbero perso se avessero continuato a perseguire il caso. Non volevano una pronuncia negativa da parte del giudice». Ovvero la dimostrazione palese che le pesanti accuse rivolte a papa Ratzinger due anni fa erano completamente inconsistenti. Lena ha continuato: «A mio parere, la vittima è stata utilizzata per promuovere un attacco giuridicamente insostenibile contro la Santa Sede».
Marco Politi? Muto come un pesce. Questa conclusione è stata riportata esclusivamente da “Avvenire”, da “La Stampa” (Andrea Tornielli) e dal ”Tempo” (Andrea Acali) . Nei Paesi anglosassoni, dall’Huffington Post, dal “Washington Times” tra i “big”, seppur non in prima pagina ma nella sezione “religione”. La sproporzione con quanto accaduto il 26 marzo di due anni fa, scrive “Avvenire”, è plateale. E ingiustificata. Radiovaticana ha commentato: «Si è conclusa nel silenzio dei mass media una dolorosa vicenda di abusi che avrebbe voluto coinvolgere il Papa e la Santa Sede». Vatican Insider ricostruisce ottimamente la vicenda. Già allora si era parlato di uno dei soliti attacchi al Pontefice, lo avevano fatto l’editorialista de “Il Corriere” Pierluigi Battista e tanti altri. Rimane il pensiero del grande intellettuale (non cattolico) americano Philip Jenkins sul “Mito dei sacerdoti pedofili” e sul fatto che oggi l’unico pregiudizio accettabile è essere anticattolici.