di David Crucitti – Chi fa informazione di mestiere, per passione o per dovere, non può esimersi dal considerarsi responsabile in positivo come in negativo, della crescita o della decrescita morale e sociale di se stesso e dei lettori. Strano, ma chi ha nelle mani la capacità di informare a grandi o minimi livelli, alcune volte, prima di scrivere si dovrebbe fare una personale ed attenta analisi. In particolar modo, questa analisi, è obbligatorio farla quando, come me, spesso si toccano argomenti di estrema delicatezza come ad esempio l’aborto, l’omosessualità, la pedofilia e la pedopornografia.
Argomenti scottanti, che anche una virgola messa al posto sbagliato potrebbe creare danni irrimediabili. E’ il caso dell’articolo apparso su The Frontpage sul delicato tema della pedopornografia dal titolo “La pedopornografia non è reato anche se lo è”. Il senso dell’articolo è chiaro: guardare video o detenere materiale che ritrae scene pedopornografiche non dovrebbe essere un reato perseguibile penalmente, il reato è abusare del bambino. Il pezzo in questione è molto ben articolato, chiaro, ma il messaggio che manda è assolutamente raccapricciante, ma andiamo per ordine.
L’autrice dell’articolo paragona il possesso di materiale pedofilo, perché di pedofilia si tratta, alle droghe, affermando che l’eccesso di limitazioni da parte della legge, contribuisce al consumo in un mercato clandestino. Ma perché questo paragone, cosa hanno a che fare il consumo di sostanze stupefacenti con la detenzione di materiale pedofilo. Chi ha scelto di trafficare droga sa benissimo che vende morte, ma la vende a chi vuole uccidersi, non si è mai visto uno spacciatore che con la forza somministra la droga pretendendo poi migliaia di euro da chi è stato appena drogato senza il proprio consenso, non avrebbe senso, è una scelta, non si arresta chi viene pescato in pieno sballo seduto su una panchina al parco, si arresta chi detiene la sostanza vietata.
Allora perché paragonare due cose diametralmente opposte. Il mondo della pedopornografia ha una sola piccola e latente vicinanza con quello della droga, in entrambe i casi, in una cornice di assoluto squallore, si uccide qualcuno. Ma anche in questa piccola e latente somiglianza c’è una differenza, perché i bambini non scelgono di farsi violentare, sono le vittime, gli uccisi che non detengono ne materiale pedoporno, ne droga, non vogliono morire come i tossici ma sono costretti a morire dentro, per tutta la vita. Ecco perché il paragone è improponibile, la scelta, la scelta di ogni singolo individuo che decide in età adulta cosa fare della propria esistenza.
Chi detiene materiale pedoporno ha scelto, ha deciso di contribuire a danno di chi non ha la possibilità di fare una scelta, i bambini, è una guerra impari tra un adulto, e un bambino che non vuole essere guardato da uno sconosciuto mentre viene usurpato carnalmente il suo corpo da un altro sconosciuto, è una scelta cara Annalisa Chirico, è una scelta, e tu non la puoi sovvertire con paragoni insensati.
Come si accennava prima, ci sono temi talmente delicati che davvero bisogna avere molta cautela, perché si scrive della vita di un altro essere vivente, e non è facile se non si sono vissute determinate esperienze, chi scrive ha una responsabilità che a volte non merita, perché contribuisce allo scandalo della cattiva informazione, facendo passare nella mente dei lettori una cosa gravissima come pura normalità, serve coscienza nello scrivere, e serve tanto rispetto per il prossimo, adulto o bambino che sia. In una mia recente inchiesta sul tema della pedopornografia, visitando un posto di Polizia Postale, non si è potuto non notare i volti dei poliziotti, volti sconvolti e pieni di orrore, offesi dal materiale che milioni di persone detengono, per sfamare il “mostro” che li porta a umiliare anche se stessi.