Nei due terzi dei 180 paesi controllati da Reporters sans frontières (Rsf), che ha pubblicato oggi il suo rapporto annuale, si registra un calo della libertà di stampa. Il paese migliore per i giornalisti è la Finlandia, il peggiore l’Eritrea. L’Italia ha perso 24 posizioni, scendendo dalla 49ª alla 73ª. I dati di Rsf in una cartina interattiva.
La libertà di stampa nel mondo per Reporters sans frontières (index.rsf.org/#!)
Peggiora lo stato della libertà di stampa italiana. Nella classifica elaborata da Reporter Senza Frontiere l’Italia crola di 24 posizioni, dal 49esimo posto al 73esimo, dietro la Moldavia e davanti al Nicaragua. Gravano pesantemente nel 2014 “l’esplosione di minacce, in particolare della mafia, e procedimenti per diffamazione ingiustificati”: si sono verificati 43 casi di aggressione fisica e sette casi di incendio doloso a case o auto di giornalisti. I processi per diffamazione “ingiustificati”, secondo Rsf, in Italia sono aumentati da 84 nel 2013 a 129 nei primi dieci mesi del 2014. Stupisce che in graduatoria il nostro Paese sia superato anche da Paesi come l’Ungheria del discusso premier Orban (65esimo posto) o come Burkina Faso e Niger (46esimo e 47esimo posto). Peggio dell’Italia in Europa è riuscita a fare solo Andorra, caduta in un anno di 27 posti a causa delle difficoltà incontrate dai giornalisti nel raccontare le attività delle banche del piccolo Paese tra Francia e Spagna.
La regressione della libertà di stampa nel mondo. “I due terzi dei 180 Paesi (classificati) hanno risultati peggiori che nell’edizione precedente”, si legge nel documento. I paesi scandinavi continuano ad occupare le prime posizioni. La Siria, il paese considerato dall’ong come il più pericoloso al mondo per i giornalisti, continua ad essere al 177esimo posto, dietro la Cina (176), e davanti ai fanalini di coda: Turkmenistan (178), Corea del Nord (179) ed Eritrea (180). L’indicatore globale annuale, che misura il livello delle violazioni della libertà di informazione, è cresciuto a 3719 punti, quasi l’8% in più rispetto al 2014 e il 10% in più se paragonato al 2013. E il peggioramento più grave riguarda l’Unione europea e i Balcani. ”L’interferenza sui media da parte dei governi – si legge – è una realtà in molti Paesi dell’Unione europea. Ciò è dovuto alla concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione in poche mani e nell’assenza di trasparenza sui proprietari”. Inoltre “la Ue non ha regole sulla distribuzione degli aiuti di Stato ai media”. (AGI)