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Pellicole eccellenti n°3 – The Artist

Creato il 28 dicembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

Pellicole eccellenti n°3 – The Artist“The artist”

Scritto e diretto da Michel Hazanavicius. Con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller.

Oggi parlerò di una luce nel deserto, venuta a illuminare le feste natalizie. Delle feste (almeno qui a Milano) di un anacronismo abbastanza ebete.

A parte la lodevole iniziativa di qualche via che ha scelto un’illuminazione un po’ più defilata, nel complesso si assiste alla solita  ostentazione di sfrenato benessere del tutto fuori luogo. Perché, in realtà, i negozi sono assai più disertati delle piazze, delle torri e dei cancelli delle fabbriche che ospitano sit-in e manifestazioni di protesta. I consumi sono in picchiata e persino i cine-panettoni stanno andando malissimo.

Non ho i dati sulle pellicole di qualità, ma ieri, in una sala milanese stracolma, ho partecipato a un evento raro che ha fatto bene al mio cuoricino di fervente cinefila: sui titoli di coda di “The artist” la gente è  esplosa in un applauso scrosciante. E io con tutti gli altri.

Mi rendo conto che il gesto può sembrare cretino e anche un po’ infantile. Ma l’entusiasmo rende tutti un tantino illogici e puerili. Applaudire è stata una dimostrazione d’affetto e (soprattutto) d’immedesimazione totale. Gli spettatori, all’epoca dei fatti descritti, per mostrare di aver gradito un film, applaudivano in sala. E anche se dietro lo schermo non c’era chi potesse sentire, noi abbiamo fatto altrettanto.

Alla faccia del solito critico snob, stizzito perché il film è piaciuto tanto. Ahò!  Se non ce l’ha, bisogna trovargli per forza il pelo nell’uovo?!

“The artist”, malgrado sia muto e in bianco e nero (o forse proprio per questo) è un film da vedere e da leggere a più livelli.

Il primo è un omaggio al cinema che fu e che sarà. La descrizione di un mondo al tramonto e la parabola ascendente di quello che lo ha scalzato. Replicabile (penso) all’infinito: cinema muto e sonoro; bianco e nero e colore; 2D e 3D e poi chissà.

Accanto al racconto del declino di un’epoca, c’è  la cronaca di un declino personale e di tutto il corollario di stati d’animo che lo accompagna: la sorpresa e la delusione, la paura e  la speranza; la sconfitta e la resa. Ma anche l’amore e  il coraggio. E persino (ma sì, ma sì…) l’ottimismo e la gratitudine.

Intendiamoci: non è un film di “buoni sentimenti”. Nemmeno per sogno. Tuttavia non lascia l’amaro in bocca, grazie a un suggerimento degno di valicare lo spazio delle sale cinematografiche e raggiungere chiunque stia lottando per non perdere lavoro, dignità e diritti. Chiunque sappia far bene un mestiere e l’abbia fatto per tanto tempo con passione, dedizione e onestà.

E se il film è dedicato a coloro che vengono messi da parte per  fare “largo al nuovo”, il  messaggio è quello di non arrendersi alla logica spesso ottusa e autodistruttiva del progresso, che sacrifica interi patrimoni di esperienza, professionalità e talento. Secondo me non è un caso che  la pellicola sia francese: la vecchia Europa si sta interrogando; oggi più di sempre.

Il protagonista è un affermato divo del muto che non sa rassegnarsi all’avvento del sonoro. La voce, per lui, lungi dall’essere uno strumento in più, toglie spazio a quell’espressività corporea che ha fatto di lui un artista celebrato. All’inizio, il suo rifiuto di mettersi in gioco, sembra un atto d’orgoglio un po’ cieco. Ma l’onestà intellettuale dell’uomo e la sua coerenza quasi suicida, lo trasformano in un eroe senza macchia, per cui non si può che parteggiare.

Trama a parte, “The artist” è semplicemente perfetto; originale, coinvolgente e (a tratti) geniale. Si ride anche, qualche volta, con la dovuta leggerezza. L’attore protagonista (che ha vinto la palma d’oro a Cannes) ha davvero una faccia e un’espressività fuori dal comune, come si addice al suo personaggio. Da articolista donna a lettrice, tra l’altro: un fascino da  primavera ormonale.

La coprotagonista è altrettanto brava e bella. Ed ha un ruolo per cui (penso) qualunque attrice farebbe carte false. E’ lei il futuro, il sonoro, il nuovo che avanza. E’ lei la giovane promessa del cinema americano (e quindi mondiale). Ma al di là del personaggio pubblico, riesce a restare “persona”… eccetera eccetera (non vi voglio raccontare troppo).

Il resto del casting è decisamente a livello. Persino il cagnolino di George Valentine (che, secondo me, vuole somigliare un po’ al “nostro” Valentino) è divertente senza essere stucchevole.

La regia, il montaggio, gli astuti sottotitoli, l’accurata ricostruzione, il sofisticato bianco e nero (che prende, col passaggio del tempo, diverse sfumature) e, infine, le molteplici pennellate di sceneggiatura non fanno rimpiangere mai la mancanza del sonoro.

Quasi certamente è anche una provocazione, quella di Hazanavicius. Per la serie: “Chi ha detto che per fare una cosa bella, si debbano utilizzare strumenti considerati irrinunciabili da decenni?”

A me piace persino considerarlo un invito zen a “levare”, invece di aggiungere.

In tutti i casi, nonostante possa sembrare un controsenso,“The artist” è un film sul futuro.  Sul futuro come potrebbe essere in un mondo solo un po’ meno glaciale di questo.

Alla fine di un anno buio come la notte, è un raggio di luce così intenso da non aver bisogno di parole.

Ma di spazio sì. Vedetelo al cinema, se potete.


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