Il sistema politico ed economico italiano, pre-tangentopoli, era un sistema instabile e corrotto, trasversalmente. Di fatto, ogni sistema ha al suo interno margini di devianza, che dovrebbero rimanere, tuttavia, nei limiti di un accettabile livello di tollerabilità. E' difficile credere che sia stata Tangentopoli a far scoprire le carte del malcostume dilagante. E' più probabile che essa sia servita come strumento per portare alla luce quanto già noto e tollerato, che ad un certo punto si è deciso di far emergere e di sovvertire.
Al di là di tutto, quello proporzionale era un sistema obsoleto, che in molti volevano cambiare da più parti. Non è un caso che si siano lanciate monetine e che si sia andati alla ricerca dell'indignazione popolare, fatta sbollire con il "capro espiatorio", alias Bettino Craxi. Una classe dirigente ha dovuto cedere il passo, assieme ad un modello partitico proporzionale che, di proporzionale, aveva solo ed esclusivamente la "torta da spartire". Eppure, l'affondo dell'epoca ha riguardato principalmente una parte della politica, non tutta la sua totalità. I partiti di opposizione, infatti, ne sono usciti con minori danni d'immagine e minore condanna sociale. Loro già avevano intrapreso un percorso di trasformismo.
L'unico vero "toro" preso per le corna fu Bettino Craxi, il "capro espiatorio" per l'appunto, che prima si difese strenuamente e, poi, capitolò in esilio. Così come l'unica remora è che si è passati troppo in fretta dalla denuncia del sistema, alla sua personificazione.
D'altronde nei momenti di cambiamento politico e sociale è meglio "identificare" qualcosa o qualcuno che rappresenti il male, contro cui veicolare l'indignazione pubblica. La gogna piace alle piazze, inconsapevoli che nelle sommosse di palazzo, la vittima sacrificale, non è mai il principale carnefice. Come se Craxi, da solo, potesse essere realmente il deus ex machina del malaffare... al massimo è stato uno che, nel malaffare, ha saputo destreggiarsi meglio degli altri.
Ma la storia la conosciamo tutti, così come è noto a tutti che l'unico erede al trono del milanese di "Roma ladrona", dopo qualche bomba, fu l'unico arricchito milanese di quel sistema: l'eletto Silvio Berlusconi. Che se ne usciva con tre emittenti televisive nazionali ed un impero economico di tutto rispetto.
Lo sconcerto di quel periodo è ancora forte nella memoria di chi lo ha vissuto. Buona parte dei cittadini è rimasta senza riferimenti politici. Per chi votare? La maggioranza era vuota di rappresentanza, ma non di rappresentatività. La sinistra è rimasta immobile, ferma, ben consapevole che non era senza peccato, ma che i suoi scheletri sarebbero rimasti ancora nell'armadio, almeno per un pò.
Sono passati 20 anni e le vicende recenti di Penati fanno pensare che la tangentopoli di sinistra sia appena cominciata. A prescindere dal fatto che nessuno è colpevole, almeno fino al terzo grado di giudizio, il sistema che viene riproposto nei giornali riapre la solita questione morale che, se volessimo essere onesti, dovrebbe essere chiamata "questione amorale".
Oggi, il Pd si scuda dietro ad una differenza: "Questa è la differenza tra noi e l'atteggiameno di altri", riferendosi al fatto che gli inquisiti di sinistra si dimettono e si sospendono fino ad assoluzione. Mentre a destra, almeno così dicono, diventano Ministri. Non è un caso che le pressioni per l'espulsione dell'ex Presidente della Provincia di Milano sono sempre più insistenti.
Tuttavia è arrivato il momento che la sinistra si renda conto di non poter bluffare ancora. Il sistema malandrino della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista appartiene al DNA della prima repubblica, anche a quella di sinistra. Quel sistema è rimasto, come retaggio genetico, nella seconda. Per non dire che, come i virus, ha subito mutazioni ed evoluzioni, per le quali non si è mai immunizzati.
Non è importante la colpevolezza dell'uno o dell'altro. E' importante arrivare ad un vero e proprio punto di non ritorno per cui Tangentopoli non sia una favola raccontata a metà, ma diventi un passaggio storico, sviscerato e metabolizzato, dall'intero paese. E' necessario che, mattone dopo mattone, lo smantellamento del sistema italiano, nato dalla guerra fredda, venga ricostruito, nell'era della globalizzazione o della mondializzazione.
Quella fase politica non è certo finita con la scesa in politica di Silvio Berlusconi, ma si realizzerà compiutamente, solo dopo la sua uscita dai palazzi di governo e la legittimazione di un nuovo ceto politico.
I giorni d'oggi, che finalmente sembrano segnare il tramonto del Berlusconismo, non possono non passare per un tracollo e per una crisi della classe dirigente democratica. Quest'ultima, per incapacità o per connivenza, ha permesso la realizzazione del 20ennio forzista. Lo ha legittimato, non contrastandolo efficacemente, in qualità di opposizione e non riuscendo mai a proporsi come vera alternativa di governo. Lo ha nutrito attraverso la scelta della frammentazione interna e la cannibalizzazione dei propri leaders. Lo ha rinforzato attraverso la distruzione di quella sinistra più estrema, che però rappresentava ancora un'ideale sociale in cui i lavoratori (quei pochi rimasti) potessero identificarsi.
Così come il Berlusconismo ha creato tedio, conflittualità e inedia economica, sociale e politica, allo stesso modo, i dirigenti democratici hanno agevolato e si sono resi correi di quel tedio, di quella conflittualità e di quella inedia.
Oggi Penati è al centro dell'attenzione dei media. Tra qualche tempo, forse anni, sapremo se sarà innocente, oppure no. Eppure, l'unica cosa su cui forse vale la pena scommettere e sperare è che l'intera classe dirigente, di destra e di sinistra, venga surclassata da una nuova "vera" ed "etica" classe dirigente, capace, se non di essere integerrima ed onesta, almeno di veicolare il malessere sociale e di dare risposte rassicuranti e speranze alla cittadinanza.