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Pene alternative

Creato il 10 dicembre 2010 da Lucas
Nel suo blog Altrimondi, Giorgio Dell'Arti seleziona quello che, a suo avviso, è “il fatto del giorno” sempre con una domanda. Oggi è questa: «Crac Parmalat: sono troppi 18 anni per Tanzi?». Puntualmente, in tale rubrica, si legge un breve riassunto della vicenda riportata e una chiara, piana, sapiente esposizione dei fatti Ma secondo me, oggi, la domanda è mal posta. Infatti, la domanda dovrebbe essere questa: «A cosa servono 18 anni di reclusione per Tanzi?»Non intendo aprire alcun dibattito sul sistema delle pene derivanti dalle condanne definitive (anche se, qualcuno più competente di me, dovrebbe farlo data la drammatica situazione delle carceri in Italia).Voglio solo limitarmi al “caso Tanzi”. E mi chiedo ancora: anche se fosse condannato a 18 anni in terzo grado di giudizio, che tipo di pena in vista della rieducazione del reo sarebbe questa? Tale pena ripagherebbe davvero la sete (depotenziata) di vendetta e dello Stato e del cittadino truffato? Insomma, che senso avrebbe che Tanzi andasse in carcere? Nessuno. Avrebbe più senso commisurare, su tale tipo di reato, una pena molto più rieducativa e civile, fors'anche più temibile per il condannato. Per Tanzi io prevederei (scusate la punta acida del mio superego populista) di dargli una pensione statale di mille euro e poi di obbligarlo a vivere in un bilocale a cinquecento euro di affitto mensile, più le bollette (canone Rai compreso), e le varie altre spese correnti; e questo per una decina di anni. O meglio, lo metterei a scelta: o così (pensione e bilocale) o il carcere. Secondo voi, cosa sceglierebbe?

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