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Penitenza vs cleptocrazia

Creato il 28 settembre 2012 da Albertocapece

Penitenza vs cleptocraziaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Scialapopolo si chiamava quel chiosco della “premuta” di limoni di Ravello, dei panini con la salsetta verde dalla ricetta segreta, dei trionfi di frutta e agrumi per farci le granire e quei tranci di anguria nelle quali affondavi la faccia dopo l’impervia salita su su da Luigi ai Faraglioni.
E non era felice quel nome? Scialapopolo, evocativo di tante maschere italiane che una volta tanto gabbano il padrone, e alla faccia sua e della miseria si riempiono la pancia fino a scoppiare.

Scialapopolo: viene in mente a guardare gli improbabili inventari dei bottini di questi arruffoni e arraffoni a tutti i livelli territoriali e a tutte le latitudini, a conforto di chi teme che l’unità del Paese sia un’utopia tardo ottocentesca.
Continuano a dirci che dobbiamo fare penitenza per aver troppo voluto e troppo goduto. Il secolo breve è stato segnato al suo termine dall’orgia consumistica, dall’accumulazione di beni effimeri e futili, dalla mercificazione anche dei corpi e degli intelletti. Ma si vede che non avevamo previsto la permanenza in interi ceti del marchio dell’insoddisfazione, della frustrazione di desideri inappagati e di aspirazioni disattese. Settimane bianche e crociere in paradisi tropicali, trasferte rimborsate lautamente e prestazioni sessuali consumate anche in sedi istituzionali, ma anche frullini, elettrodomestici, articoli di cartoleria, lauree, riconoscimenti partecipazioni a “piattaforme digitali globali”, tutto fa brodo nel passaggio dall’oligarchia alla cleptocrazia. Ma più brodo di tutto lo fa quello che sembra essere un riscatto tardivo da fame atavica, un risarcimento gastronomico da chissà che stenti, una indigestione nazionale a compensare sorprendenti digiuni: pranzi sibaritici con quarti di bue e fiumi di Brunello, vasche da bagno esorbitanti di cozze e aragoste, vassoi di ostriche e terrine di foie gras, come se la selezione della classe dirigente fosse avvenuta sulla base di criteri gastrici, di requisiti gustativi, di capienze digestive. Come se il reclutamento delle èlite del potere avesse promosso uno stuolo di Lazarillo de Tormes, pronti a qualsiasi rocambolesca bricconata per riempire la panza, a qualsiasi espediente acrobatico per rubare una coscia di pollo, a qualsiasi inganno per arraffare un gotto di vino.

Magari ha ragione la pedagogia di governo ad assumere toni da Savonarola e attuare misure penitenziali per raddrizzare un popolo fanciullino e l’antropologia punitiva dei ministri che più che farceli mangiare i ceci, li userebbe per metterci ginocchioni in castigo: i partiti che li appoggiano entusiasticamente soffrono di bulimia di privilegi, fame di benefit, insaziabili appetiti di prebende e sine cura, hanno intinto molto spesso le dita nella marmellata incuranti di essere sorpresi e denunciando una esplicita regressione alla fase orale.
Certo danno da pensare i sistemi di cooptazione adottati dalle èlite del potere – per riprendere l’illuminata formula di Wright Mills – così consapevoli di dividere una comune visione del mondo, di riconoscersi come separati e superiori al resto della società in quanto rappresentanti appunto di una selezione di censo, di appartenenza e di fedeltà alla “cupola” planetaria del mercato, che assimilano e socializzano solo gli affini, i figli, i famigli, ma che hanno a un tempo stesso ripugnanza e bisogno di questo ceto di affamati, ricattabili e ricattatori, spregiudicati e ingenui tanto da farsi convincere a qualsiasi bassezza.

Le notizie che ci danno su di loro, grazie ad una stampa prodiga di servilismo quanto di suggestioni, servono a quello, a alimentare la loro antipolitica, a mostrarceli come caso esecrabile, ma invidiabile, del successo di chi ricorre alle scorciatoie clientelari, di chi scende volentieri a patti con l’illecito per poi consegnarsi festosamente all’illegalità, della superiorità e della specialità dei furbi rispetto alla noiosa, sfigata normalità degli onesti.
È proprio ora che in questa mediocre commedia dell’arte, tra miseria e nobiltà, la banda degli onesti si riprenda quello che le hanno rubato.


Filed under: Anna Lombroso, politica Tagged: Cleptocrazia. corruzione

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