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Sì, perché non tutte le ciambelle escono col buco, e quando una cosa inizia male non può che finire nello stesso modo. Nella fattispecie, il mio viaggio per Capo Nord è iniziato con una perdita di benzina intorno a Milano, praticamente appena partito: in qualche modo la fortuna ha voluto che dopo alcune peripezie sono riuscito a far sistemare il problema, tra l'altro velocemente e con spesa davvero minima. Rimettendo i bagagli sulla moto dopo la riparazione sposto la lampadina di ricambio che avevo comprato per precauzione dalla borsa serbatoio al sottosella (meno facile da raggiungere, ma più al sicuro da urti e schiacciamenti) e dico al meccanico: "Vuoi vedere che per come è iniziato questo viaggio esco da qui e rimango senza faro?". Bene: la lampadina si è bruciata dopo meno di cento chilometri dall'officina: segnali...
Nonostante le bizze del navigatore che mi hanno costretto a più di una sosta per ricaricare daccapo la rotta dal computer che avevo nel bauletto, quella sera sono comunque arrivato a Lorrach, subito fuori Basilea, per prendere il treno che mi avrebbe portato durante la notte fino a Hildesheim, poco sotto Amburgo. Durante il viaggio ho dormito poco e male; il tempo non prometteva bene, ma ho sperato che migliorasse: in questi casi si deve pensare positivo, nonostante i segnali... :-)
Infatti la mattina seguente, dopo aver smadonnato per un'ora buona a cambiare quella cazzo di lampadina di merda che non si bruciava da trentamila chilometri e che aveva deciso di bruciarsi la sera prima, mi si è parata ben presto davanti la peggior situazione meteo che si potesse prospettare in quello che in teoria doveva essere il miglior periodo dell'anno per andare verso la Norvegia. Ho attraversato il lunghissimo ponte di Malmo a sessanta all'ora nonostante il limite a cento pregando di non esser buttato a terra o peggio in mare dalle raffiche di vento, e per tutto il giorno non ho visto altro che acqua. La mattina dopo e per tutto il terzo giorno di viaggio ancora pioggia e freddo, con in più un abbigliamento antiacqua che mostrava sempre più evidenti i suoi limiti: la signora dell'affittacamere della prima sera in Svezia mi aveva richiuso con una spillatrice uno dei sopraguanti "impermeabili" che si era aperto come una cozza dopo tre volte che lo infilavo, e i miei stivali foderati in gore-tex avevano pensato bene di iniziare a imbarcare acqua dopo anni di onorato servizio. Per finire, la tuta da pioggia non riusciva a tenere tutta fuori una tale quantità di acqua, che trasudava verso l'interno e via via mi inzuppava.
In queste condizioni ho fatto più di mille chilometri, e ad ogni singolo numerino che scorreva sul contachilometri del cruscotto mi domandavo chi cazzo me lo avesse fatto fare di cacciarmi in quel casino.
Poi, inaspettatamente, alla fine del terzo giorno di viaggio la pioggia ha smesso di cadere e la mattina dopo sono ripartito con il bel tempo: alle sei e venti ero in sella e durante la mattinata ho perfino avuto caldo e mi sono potuto fermare a fotografare posti come questo, che mi hanno fatto ricordare il motivo per cui ero arrivato fin lassù.
Mi ricordo perfettamente la stanchezza che si faceva sentire, le poche ore dormite e il contrasto che tutto faceva con l'adrenalina che avevo addosso. All'ora di pranzo, nonostante i ferrei quanto ridicoli limiti a settanta/novanta all'ora degli infiniti stradoni svedesi in mezzo al nulla, avevo fatto circa quattrocento chilometri: ero contento, e sono ripartito con l'idea che se le cose fossero continuate in quel modo a fine serata ne avrei messi in fila almeno ottocento. Iniziavo a pensare positivo, questa volta davvero; forse non sarei arrivato alla rupe in quattro giorni come avevo ottimisticamente previsto, ma avevo anche messo in conto un giorno di tolleranza. Alla fine mi sarebbero comunque rimasti undici giorni per tornare a casa, e sapevo che il bello del mio viaggio sarebbe iniziato proprio dal punto di massima distanza da casa. Fin lì il viaggio non era stato esaltante per varie ragioni, ma quegli undici giorni me li sarei veramente goduti...
Non ho fatto in tempo a farmi girare a sufficienza per la testa queste allegre considerazioni che all'orizzonte ho iniziato a vedere di nuovo nero. Nuvoloni minacciosi e carichi d'acqua nei quali mi stavo di nuovo andando a buttare a capofitto. M'è preso lo sconforto, e ho visto le prime gocce di pioggia sulla visiera; mi sono fermato per mettermi l'antiacqua e lì, in quell'anonimo spiazzo lungo il tratto svedese della E45, si è deciso il mio viaggio.
Quella cazzo di piazzola non me la scorderò finché campo, credo. In quella piazzola ho mandato a fanculo tutto quello che mi veniva in mente, forse ho urlato per quanto ero incazzato e ho pianto per un sogno che si stava rivelando un incubo. Ero in vacanza, e fino a quel punto praticamente niente era andato come avevo previsto; quello che doveva essere il più bel viaggio in moto della mia vita si stava trasformando in una assurda corsa contro il tempo verso una meta che perdeva di significato ad ogni istante che passava. Anche perché andando ancora verso nord la situazione non poteva che peggiorare, e sapevo che non stavo tornando ma mi stavo continuando ad allontanare da casa: mentalmente questo ha fatto una differenza enorme. Quando sei di ritorno, da qualunque posto tu provenga, sai benissimo che non puoi fare altro che prendere quel che viene: devi comunque arrivare a casa; quando invece stai ancora "andando"... beh... puoi ancora scegliere. E io ho scelto.
Con questa faccia ma ho scelto di tornare indietro: a volte i sogni è giusto che restino tali, e io in quella piazzola dopo aver urlato e pianto ho girato la moto e sono tornato indietro. Mancavano ancora 1300 chilometri a Capo Nord, e il piacere di viaggiare era completamente scomparso. Volevo solo tornare a casa.
Ho continuato a convivere con la pioggia incessante fino in Danimarca. Ho comunque visto l'Atlantic Road, il Geirangerfjord, il Trollstigen e la chiesa di Lom. Ho visto Oslo e le foche in mare davanti alla spiaggia di Skagen, in Danimarca, e sei giorni dopo quel dietro-front ero comunque davanti all'hotel Hullen e al mio cimiterino. Ma niente è stato come avrei voluto, e la delusione è stata tanta che ci ho messo quasi due mesi a "elaborarla" e rendere partecipe chi abbia voluto leggere fin qui. Credo non tornerò mai più in Norvegia, ma è stato bello averci provato...
Buona strada!
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