Dice: ti cullo il bambino perchéanch'io sono un bambino - ma è assurdo.Non può avere la voce uno che non è quiné braccia né potrei volendo cullarlo a mia volta.Pure il bambino vero tace se resto in ascoltodella sua finta voce nella mia finta pace.Pure gli posso far dire ogni parola che voglio:mio amore quanto errore e dolore ci dividequanto futuro senza futuro si spalanca.Vuole mettere ordine vuole che mi riposi.
Gli posso far pensare ogni pensiero che voglio:lei pensa che io penso - mi penserà.Pensami nella mia camera ingombra del mio niente.Pensami nel mio niente carico di tutto.Di me diranno che ho visioni che sono magra.Di me diranno abbia cura della salute.Ma tace il bambino vero se resto in ascolto.Tace se resto in ascolto il tic-tac dell'orologio.Mi ha detto non avere paura non è quello il tempo veronon guardare non toccare le vene sulle tue mani.Giovanni Giudici, Autobiologia, Mondadori, Milano 1969* [tale componimento è il secondo di una sezione interna alla raccolta dal titolo La Bovary c'est moi]
Sarebbe interessante sperimentare un incontro tra due persone, più o meno sconosciute, più o meno coetanee, più o meno uomo e donna, in un bar con sala non troppo frequentata, un caffè e una minerale, magari qualche cioccolatino, avendo premesso che, poniamo nella mezz'ora dell'incontro, le due persone restino zitte una ventina di minuti, solo guardarsi, anche da vicino, le vene delle mani per esempio.Venti minuti di silenzio. Certo, l'uno/a non ha l'obbligo di guardare in continuazione l'altra/o, si può guardare anche fuori, la gente che passa, il barista che prepara caffè e cappuccini. Venti minuti così e poi, senza nessuna ragione apparente, parlare ciascuno 5 minuti di fila, a turno, di quello che è stato pensato nei precedenti venti minuti, qualsiasi cosa, forse allora occorre un taccuino dove prendere nota, non sia mai dimenticare cose importanti.M'è venuto in mente questo pensando a quando càpita di salire su mezzi pubblici non troppo affollati, in cui ci si siede e ci si trova davanti a persone con le quali si scambiano tranquilli sguardi, magari abbozzando sorrisi che, però, restano lì, sospesi a mezz'aria, senza nessun costrutto. Se andassimo oltre questi convenevoli tra umani ed entrassimo, eccentricamente, subito in contatto, parlando non di politica, ma di desideri, di cosa veramente in quel momento ci piacerebbe fare, ammesso e non concesso di sapere cosa si vorrebbe fare, cose non incresciose, non necessariamente legate alla sfera sessuale, anche se - sono consapevole - molti di noi potrebbero ricadere facilmente su quelle, va bene, ma dando per buono che nessuno, parlandone, abbia la pretesa che l'altro sia costretto ad esaudirli tali desideri, a dare credito a certe fantasie.Chissà, forse potrebbe venir fuori un: «Ho voglia di andare a raccogliere il tramonto insieme a lei» e sentirsi rispondere di sì; quindi - dopo aver cercato il punto giusto - disporsi seduti con il guardo rivolto all'orizzonte, silenti, in attesa che di catturare l'ultimo raggio, sperando che sia verde.