È un po’ di tempo che un pensiero in particolare mi frulla per la testa. In realtà ce ne sono tantissimi, ma questo mi sembra degno di attenzione; se non da parte mia che scrivo, almeno da parte vostra che vi dovete sorbire le mie pippe mentali.
Che sia giusto far avvicinare le nuove generazioni ad Internet già in tenera età?
Mi spiego: ogni mattina passo con la macchina davanti ad una scuola elementare e, sarò sentimentale, ma mi sembra di non scorgere più quei sorrisi pregni di innocenza e gioia di vivere che hanno sempre caratterizzato l’infanzia. Sono tutti ammusoliti, tristi e ingobbiti. Tengono la mano del genitore con enorme fatica, e una volta che si trovano tra gli amici non sanno parlare di altro se non di videogiochi.
Non sono stato un santo da piccolo. Ammetto che anch’io avevo il Game Boy, ma niente di più (videogiochisticamente parlando). L’unico computer presente in casa, si parla degli anni ‘90, apparteneva a mio fratello (che allora frequentava le scuole superiori) e in rari casi potevo toccarlo, sempre però sotto la supervisione di un “grande”. Ancora mi ricordo le sberle prese per aver usato il computer senza permesso ed essere stato scoperto.
Oggi cosa si fa?! Sembra che appena un bambino cominci a camminare abbia già un cellulare in tasca, mai che la mamma si preoccupi di non vederlo più in cucina e allora lo chiami per poi scoprire che il pupo si trova in salotto. In quei pochi istanti ha già rovesciato tre vasi, mangiato coccinelle con contorno di terra, tirato la coda al gatto, spalmato di crema il tavolino, rotto il piatto di ceramica preso al mercato delle pulci per una sciocchezza, e rovinato con la penna biro quel bellissimo divano di pelle orgoglio del maschio di casa; tutte cose che feci (non quella del gatto però), ma senza la rompitura del cellulare.
I giochi tradizionali? Macché! Appena i tati riescono ad acquistare una anche minima capacità articolatoria alle falangi delle dita, gli si piazza davanti uno schermo e una tastiera, facendogli provare l’ebbrezza del primo rincoglionimento da videogame ad opera di Lo Scoiattolo Smerdolo e i Cattivi Porcelli MangiaMele.
Dove sono finite le Lego, orgoglio di noi provetti architetti?
Dove sono finiti i soldatini, orgoglio di noi provetti distruttori?
Dove sono finite le macchinine? E dove i palloni, le pistole di plastica e tutti quei meravigliosi giochi che ci tenevano impegnati per ore?
I genitori, colpevoli di aver comprato il computer, ci provano anche a farli riaffezionare ai buon vecchi giochi di una volta, magari comprando quei kit da giovani poliziotti comprendenti pistola, distintivo, radio, manette, gatto a nove code, perizomino FuckmeCop e manganellone dritto e duro da usare con chi voi, ma è tutto inutile. Dopo il divertimento dei primi 5 minuti il bravo poliziotto se ne va a cagare, tornando a passare la sua giornata su Mortal-Suicide-Inchiappett-Kombat XXXVIII (adesso è cresciuto, e lo Scoiattolo Smerdolo non attira).
E via così fino al fatidico giorno in cui al genitore non viene l’idea di far provare, al suo prediletto, l’ebbrezza di Internet e di lasciarlo da solo nel girovagare per la Rete.
Da qui la vita del soggetto prende una inarrestabile accelerata verso il baratro. Non sarà più capace di scrivere in italiano, passerà le ore a farsi quante più seghe possibile davanti ad una webcam (in collegamento con una zoccolina dall’altra parte del mondo) e a cercare di avere più amici virtuali possibile.
Poi ci lamentiamo se i giovani di oggi, sì anche quelli della mia età, sono per la maggior parte dei mentecatti analfabeti incapaci di elaborare un proprio pensiero e che ondeggiano, come una fottuta boa, tra una moda e l’altra.
Sono certo che la tecnologia non è il solo artefice di questo disastro, ma riconosco che ne è una delle principali cause. Da dove deriva il loro lessico incomprensibile? Da dove si creano una visione distorta della sessualità? Da dove deriva il loro fottutissimo sms-style? Da dove deriva il loro disinteresse per la lettura?
Siamo arrivati al punto in cui un individuo che si sforza di parlare e scrivere in un italiano corretto (almeno spero di saperlo fare) viene deriso e preso in giro dalle masse e additato come fossile.
Cari genitori, lo so. Molte volte non vi sentite in grado di imporre la vostra autorità (sarà brutto da dire ma certe volte lo si deve fare) e allora optate per la facile carta del “viziare il proprio figliolo perché io non ho mai avuto tutte le possibilità che ha lui oggi”. Non voglio incolparvi a prescindere, ma diciamoci la verità: qualche volta una sberla fa sempre bene. Anch’io ho fatto le mie cazzate quando ero piccolo, e qualche sberla (solo qualche?) l’ho presa, e fidatevi: me le ricordo tutte.
Volete che i vostri figli tornino ad essere teneri e spensierati bambini?
- Il pargolo non deve avere accesso libero a Internet fino alla quinta, massimo quarta superiore (fidatevi che funziona); Le ricerche per la scuola? Che vadano a farsi la dura gavetta in biblioteca, così magari impareranno anche un po’ di italiano (che male non fa);
- Un taglio ai videogiochi. Il mio primo computer l’ho ricevuto in terza superiore, ma solo perché facevo un ITIS, e lo stesso i videogiochi occupavano il 60% del mio pomeriggio. Se proprio non riuscite a staccarlo dallo schermo portatevi dietro il cavo di alimentazione del suddetto computer;
- Cominciate anche con il non farli uscire il sabato sera già in tenera età. Le mie prime uscite notturne le ho fatte a 17 anni, e solo quando raggiunsi i 19, finite le scuole, l’orario di rientro divenne quasi illimitato (adesso lo è, ma ho quasi 24 anni eccheccazz’!);
- Fategli spegnere il computer e mettetegli un libro in mano. Se trovate la formula giusta riuscirete a farli innamorare della carta stampata. Fidatevi, con me ha funzionato;
- Qualche litigata ci può stare, ma insegnateli cos’è il rispetto;
- Se scappa di casa per uscire con i suoi amici, al suo ritorno dategli una di quelle sberle che non si dimenticherà per tutta la vita (a volte ne basta anche solo una, ma bella cattiva);
- Se proprio volete fargli usare il computer, tenete a mente che ci sono in Rete una quantità impressionante di software educativi.
Va be’, basta. Forse ho passato un po’ il limite, ma la scrittura di questo post mi è letteralmente esplosa dalle mani quando lessi la notizia che Zuckerberg era deciso (per poi smentire) di aprire Facebook anche ai minori di 13 anni (come se molti di loro non lo usino già).
A presto,
E.
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