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Pensieri sufistici

Creato il 12 giugno 2013 da Frater @TeruggiF
Pensieri sufistici

Riflettendo tra uno studio e l’altro, tra una data e un ritrovamento, un test e un calcolo astronomico, ho pensato a questo: discutiamo del Mondo e addirittura dell’Universo, di Dio e degli Angeli, di principi e di morale e di mille e mille altre cose. Ci perdiamo, noi diogeni lanternati, a disquisire di liberazione, di annientamento della personalità e di depolarizzazione. Ci offriamo di promuovere un qualche nuovo piano di esistenza che deve ancora venire se mai verrà, oppure a diventare messaggeri e paladini di incommensurabili esseri che compiono viaggi siderali per salvarci dalle catastrofi. E non paghi, elargiamo con munificenza elisir, e mirabilanti pozioni, quali soluzioni per ogni infantilismo da cui l’uomo è - ahimè - ammorbato. Non che la scienza, d’altra parte, riesca a fare di meglio, travolta com’é da quel “cogitare” che a dire di molti giustificherebbe l’essere.

Eppure i pensieri nascono, crescono, invecchiano e muoiono... sono solo brandelli di esistenza, localizzazioni, forme caduche. Nonostante questo “è [considerato] sciocco un Papalagi che non pensa, anche se invece è saggio chi non pensa e trova la sua strada”.

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Già, perché il pensiero è elaborazione. È solo il rimescolamento di qualcos’altro, che ci piaccia o no: tutti gli ingredienti che compongono ogni singolo pensiero in ogni singolo istante di ogni singolo giorno di ogni singola vita umana, sono il prodotto di cinque semplici sensi, senza i quali saremmo ciechi e sordi, senza i quali ci sarebbe impossibile toccare, accarezzare e tirare pugni, gustare un dolce, farci avvolgere da un profumo o annebbiare da un olezzo.

E se andiamo oltre ci accorgeremo che i recettori delle onde sonore sono cellule, le papille gustative sono cellule, i peduncoli dell’olfatto sono cellule, i sensori sulla pelle sono cellule, i fotorecettori negli occhi sono... cellule. Bello sforzo, direte, lo sanno tutti. E sanno anche che l’unica caratteristica che differenzia queste da tutti gli altri milioni di cellule di un qualunque corpo umano è che sono “specializzate” nel captare solo un certo di tipo di frequenze, di vibrazioni.

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E quindi? Avete presente i fotorecettori che abbiamo negli occhi? Catturano la luce, già si sa. Ma siccome la luce è molto molto più veloce del cervello - e dei pensieri che incessantemente fabbrica - se la catturassero tutta, i neuroni “fonderebbero”. Sicché, questi recettori si accollano il duro lavoro di limitare la ricezione ad un massimo di 60 impulsi al secondo (se volete chiamarli hertz o fotogrammi va bene uguale), contro gli INFINITI impulsi che li raggiungono.

Ma ovviamente ci somministrano la storiella puerile che i nostri occhi non hanno bisogno di recepire più di quei 60 impulsi al secondo perché il resto lo colmiamo agevolmente con la “persistenza retinica” che, comunque, ci impedirebbe di vedere tutti gli altri. E la persistenza retinica infatti a cosa serve? A preservare, come “una sana e consapevole [...]” (che ha in effetti un certo grado di persistenza), il cervello “dallo stress e dall’azione cattolica”.

A proposito lo sapevate vero che “cattolica” deriva da “catolikos” che significa “universale” nel senso di “tutto intero”?

L’ovvia conclusione è che, dunque, i nostri cinque sensi sono fatti per “rallentare” quello che il mondo, l’universo intero dice, in modo che ci diventi comprensibile. Invece, sfortunatamente, pensando deformiamo anche quelle poche informazioni. Pensiamo che però con il pensiero abbiamo inventato e costruito dei sensi meccanici alternativi con cui vediamo e sentiamo perfino le galassie lontane. Peccato solo che questi strumenti siano concepiti e fabbricati “a immagine e somiglianza” dei nostri limitati cinque sensi.

Ma noi umani abbiamo pensato. Questo è quanto.

Bene, siccome anch’io continuo a pensare, mi sta già venendo un nuovo pensiero. Le mie - e di qualunque essere umano e non solo - cellule specializzate ci sentono poco perché sono specializzate a sentire poco. E le altre che questa specializzazione non ce l’hanno, allora?

Capperi! Non sarà che sentono di più?

Non sarà che, se non possono rallentare niente e nessuno, le altre cellule sentono tutto, ma proprio tutto e non possono fare a meno di sentirlo? Bello. Se non fosse che le altre cellule non sono direttamente collegate al cervello. come i recettori dei cinque sensi. E per altro, il cervello non sarebbe in grado di elaborare quel tutto. Non potrebbe pensarlo.

Allora, forse, è vero: per cominciare a “sentire” bisogna venir meno ai propri pensieri, quindi il regno dell'esistenza prescinde dai pensieri.

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Pensiamoci un attimo...

L’hanno detto tanto i mistici quanto gli scienziati ed è un punto fermo: tutto ciò che esiste è movimento. Quando “qualcosa” dona la “massa” al movimento, questo diventa materia. Non ci piove.

Ma i mistici - che poco pensavano e tanto contemplavano - dicevano anche che, se tutto è movimento, deve per forza essersi originato da una “fissità” inziale.

Postuliamolo chiaramente:

Il movimento rende attiva una parte dell'immobilità originaria, producendo sempre maggior dinamismo e vita. Infatti ogni movimento origina dall'immobile e produce vibrazioni stratificate e articolate in più livelli, man mano che si allontanano dall’origine stessa.

Di conseguenza:

le vibrazioni prodotte dal movimento sono tutte uguali, ma si differenziano tra loro nel tono e nel ritmo, a seconda della quantità di forza che le trasporta lontano dall'origine.

Che in altri termini equivale a dire:

i regni minerale, vegetale e animale rappresentano gradazioni graduali delle vibrazioni nella forma e nel suono e ritmo.

“Ritmo” è un’altra parolina magica da tenere bene a mente e nel cuore. Infatti le vibrazioni vibrano. E perché mai vibreranno? Perché sono un’alternanza ritmata di polarità. Come quelle della pila, della corrente elettrica e del magnete.

Bene, “fissiamo” anche questo:

Le vibrazioni hanno in sé due polarità. Esse sono plus (fine) e minus (grossolano), ed entrambe sviluppano infinite gradazioni, secondo il ritmo proprio.

Aspetta, aspetta! Ma allora anche il nostro corpo e le cellule che lo compongono, specializzate o meno a sentire, sono in fondo in fondo vibrazioni!

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Eh, già. siamo formato da miriadi di frequenze

che vanno per gradi infinitesimali nello spettro compreso tra plus e minus...

Ecco dunque. I nostri sensi sono vibrazioni che rallentano vibrazioni per renderle comprensibili a vibrazioni ancora più lente. Il che equivale a dire che per “sentire” la luce nella sua pienezza e interezza i miei occhi dovrebbero essere quella stessa, identica vibrazione. Ma non sono così quindi ne percepiscono solo una parte.

Infatti le nostre cellule riescono a sentire in modo specializzato solo oltre (o entro) una certa soglia. Superata questa o al di sotto di essa, ci sono solo valori scevri da giudizi mentali...

Quale parte perciò si percepisce con sensi? Quella che basta per sopravvivere, per vivere “sopra la non-vita”, per far funzionare il corpo in modo che possa individuare i frutti sugli alberi e coglierli per mangiarli o difendersi un animale scorgendolo da lontano.

Uff! Anche così però - andando a parlar di spirito, di divino e di mondi superiori - di Dio non c’é traccia. Dovrei sentire tutto l’universo, ma sono fatto di tre dimensioni e di vibrazioni tripolari, quindi a certi piani non ci arriverei mai. Le vibrazioni più lente posso percepirle a singhiozzo con il corpo fisico o primo corpo, quelle un poco più rapide con la mente, il secondo corpo, che è più veloce. Quelle ancor più mobili dovrei sentirle con l’anima, sempre che io ne abbia una.

Ma i conti non tornano, perché l’anima è una scintilla divina e quindi è fatta di qualcosa di più alto di sé stessa, che di conseguenza le è impercepibile.

Interessante. Cristallizziamo anche questo concetto prima di perdercelo:

L'anima non può percepire le vibrazioni che la costituiscono...

...ma è la loro azione (tramite ritmo e materia) che può rendere lentamente consapevole l'anima di sé stessa e del progetto desiderato dal creatore

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Omioddio.

Da dove è saltata fuori l’ultima frase? Sarà la conoscenza che divenendo auto-conoscenza, diventa autocoscienza?

Omioddio.

Okay, fermiamoci qui.

….Naaaa! Non fa per me. Troppo difficile. Sarò infantile e pure il peggiore di tutti, ma i miei pensieri mi sono cari come fratelli. Il mio spirito fanciullo, anche se s’illude di sentirsi chiamato in causa da certi inviti cristici, ha ancora bisogno di una guida, di qualcuno che gli indichi lo scopo della vita.

Un attimo però, anche questo non è del tutto giusto. Nessuno dovrebbe avere il diritto di dire al mio spirito dove deve andare. Io non sono forse nato libero?

Sì è così, o forse no? Pensare o non pensare quindi?

Mettiamola così.

I pensieri vivono e si esprimono in uno spettro dove esiste un limite in cui essi stessi non riescono e non possono ancora percepirsi con le "normali" capacità a loro affidate.

Così c’é un’unica tecnica di percezione che può funzionare per poter comprendere quel tipo di frequenze: i pensieri devono diventare quelle frequenze che già vivono e si esprimono in loro. Quando lo SARANNO, si avvererà l'unica autocoscienza possibile, il ritorno dell'era del Cinghiale Bianco.

 

 


BIBLIOGRAFIA:

HAZRAT INAYAT KHAN, Il misticismo del suono, ed Mediterranee,1994

GEORGE J. GURDIJEFF, I Racconti di Belzebù a suo nipote, Neri Pozza, 2009

PAOLO JACHIA, E ti vengo a cercare: Franco Battiato e il sacro, Ancora, 2005

ERICH SCHEURMANN (trad.), Papalagi: Discorso del Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa, Stampa Alternativa, 1995

AA.VV., La sacra Bibbia Antico e Nuovo Testamento, ed. CEI, 2010

RENE GUENON, Il Re del Mondo, Adelphi, 1927

AMADU HAMPTE BA, Vie et enseignement de Tierno Bokar le Sage de Bandiagara, Editions du Seuil, 1980

AA.VV., The Effendi And The Pregnant Pot Uygur Folktales from China, New World Press, 1982


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