La pensione di domani è un miraggio che si allontana di giorno in giorno e che si svaluta di anno in anno. Insomma questi ci vogliono mandare a riposo a settant’anni e con quattro soldi di pensione! A conti fatti sarebbe molto meglio mettersi pancia all’aria, o continuare a lavorare senza versare un centesimo di contributo, e aspettare i 65 anni per riscuotere la pensione sociale! Infatti, con il nuovo sistema previdenziale, la pensione è frutto dei contributi che ogni lavoratore accumula. Il datore di lavoro preleva il 33% dello stipendio e lo versa all’Inps. Ogni anno l’Inps rivaluta questi contributi. Il tasso di interesse pagato dall’Inps è pari alla crescita media del Pil nominale nei cinque anni precedenti. Il Pil nominale è, grossolanamente, la somma tra il Pil reale e l’inflazione. Insomma, se l’azienda Italia marcia e c’è anche un po’ di inflazione, le pensioni pubbliche saranno soddisfacenti, altrimenti sono guai seri! Un po’ come quando si portano i soldi in banca e la banca paga un interesse: se il Pil non cresce e l’inflazione arretra e diventa deflazione, i contributi versati all’Inps invece di aumentare diminuiscono. È come se si portassero 1.000 euro in banca e l’anno dopo se ne trovassero sul conto 900. Lo studio di “Progetica”, una delle principali società indipendenti di consulenza italiane sui temi previdenziali, realizzato per il Messaggero, evidenzia l’attuale sistema pensionistico italiano, distinguendo tra lavoratori dipendenti e autonomi. Lavoratori dipendenti. Attualmente un trentenne con una crescita del Pil pari a zero avrà una pensione equivalente al 49% dell'ultima busta paga. Con una crescita del Pil dell'1% avrà un assegno al 59% dell'ultima busta paga, mentre con una crescita del 2% l'assegno sarà al 71%. Quadro diverso per gli attuali quarantenni che andranno in pensione a 65 anni. Con una crescita pari a zero la pensione sarà al 49% dell'ultima busta paga. Con un Pil che cresce dell'1% la pensione sarà al 67%, mentre col Pil al 2% l'assegno sarà al 66% dell'ultima busta paga. Per i cinquantenni la situazione è più rosea. Coloro che andrebbero in pensione a 68 anni, con una crescita pari a zero per cento, la pensione ammonterebbe al 65 % dell'ultimo assegno, con un Pil che cresce dell'1% la pensione sarebbe al 70% dell'ultimo assegno, mentre con un Pil che registra un incremento del 2%, l'assegno sarebbe al 76% dell'ultima busta paga. Lavoratori autonomi. Chi oggi ha 30 anni andrà in pensione a 67 anni con un assegno pari al 35% dell'ultima busta paga con una crescita del Pil frema a zero. Qualora invece il Pil dovesse crescere dell'1 o del 2% l'assegno corrisponderebbe al 42 o al 50% rispetto all'ultimo stipendio. Per i quarantenni autonomi che andranno in pensione a 65 anni, l'assegno sarà al 34% dell'ultima busta paga col Pil fermo al palo. Con un Pil che cresce dell'1% la pensione invece sarebbe al 39% rispetto all'ultimo stipendio, mentre al 45 con il Pil che cresce del 2%. Per i cinquantenni che andranno in pensione a 68 anni, l'assegno pensionistico corrisponderà al 48% dell'ultima busta paga con un Pil fermo a zero. Se invece dovesse crescere dell'1% la pensione sarebbe al 51% sull'ultima busta paga. Infine con una crescita del Pil media del 2% l'assegno equivarrà al 55% dell'ultima busta paga. Insomma, stipendi, pensioni, risparmi, occupazione, la nostra stessa vita, è tutto appeso a un Pil!
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La pensione di domani è un miraggio che si allontana di giorno in giorno e che si svaluta di anno in anno. Insomma questi ci vogliono mandare a riposo a settant’anni e con quattro soldi di pensione! A conti fatti sarebbe molto meglio mettersi pancia all’aria, o continuare a lavorare senza versare un centesimo di contributo, e aspettare i 65 anni per riscuotere la pensione sociale! Infatti, con il nuovo sistema previdenziale, la pensione è frutto dei contributi che ogni lavoratore accumula. Il datore di lavoro preleva il 33% dello stipendio e lo versa all’Inps. Ogni anno l’Inps rivaluta questi contributi. Il tasso di interesse pagato dall’Inps è pari alla crescita media del Pil nominale nei cinque anni precedenti. Il Pil nominale è, grossolanamente, la somma tra il Pil reale e l’inflazione. Insomma, se l’azienda Italia marcia e c’è anche un po’ di inflazione, le pensioni pubbliche saranno soddisfacenti, altrimenti sono guai seri! Un po’ come quando si portano i soldi in banca e la banca paga un interesse: se il Pil non cresce e l’inflazione arretra e diventa deflazione, i contributi versati all’Inps invece di aumentare diminuiscono. È come se si portassero 1.000 euro in banca e l’anno dopo se ne trovassero sul conto 900. Lo studio di “Progetica”, una delle principali società indipendenti di consulenza italiane sui temi previdenziali, realizzato per il Messaggero, evidenzia l’attuale sistema pensionistico italiano, distinguendo tra lavoratori dipendenti e autonomi. Lavoratori dipendenti. Attualmente un trentenne con una crescita del Pil pari a zero avrà una pensione equivalente al 49% dell'ultima busta paga. Con una crescita del Pil dell'1% avrà un assegno al 59% dell'ultima busta paga, mentre con una crescita del 2% l'assegno sarà al 71%. Quadro diverso per gli attuali quarantenni che andranno in pensione a 65 anni. Con una crescita pari a zero la pensione sarà al 49% dell'ultima busta paga. Con un Pil che cresce dell'1% la pensione sarà al 67%, mentre col Pil al 2% l'assegno sarà al 66% dell'ultima busta paga. Per i cinquantenni la situazione è più rosea. Coloro che andrebbero in pensione a 68 anni, con una crescita pari a zero per cento, la pensione ammonterebbe al 65 % dell'ultimo assegno, con un Pil che cresce dell'1% la pensione sarebbe al 70% dell'ultimo assegno, mentre con un Pil che registra un incremento del 2%, l'assegno sarebbe al 76% dell'ultima busta paga. Lavoratori autonomi. Chi oggi ha 30 anni andrà in pensione a 67 anni con un assegno pari al 35% dell'ultima busta paga con una crescita del Pil frema a zero. Qualora invece il Pil dovesse crescere dell'1 o del 2% l'assegno corrisponderebbe al 42 o al 50% rispetto all'ultimo stipendio. Per i quarantenni autonomi che andranno in pensione a 65 anni, l'assegno sarà al 34% dell'ultima busta paga col Pil fermo al palo. Con un Pil che cresce dell'1% la pensione invece sarebbe al 39% rispetto all'ultimo stipendio, mentre al 45 con il Pil che cresce del 2%. Per i cinquantenni che andranno in pensione a 68 anni, l'assegno pensionistico corrisponderà al 48% dell'ultima busta paga con un Pil fermo a zero. Se invece dovesse crescere dell'1% la pensione sarebbe al 51% sull'ultima busta paga. Infine con una crescita del Pil media del 2% l'assegno equivarrà al 55% dell'ultima busta paga. Insomma, stipendi, pensioni, risparmi, occupazione, la nostra stessa vita, è tutto appeso a un Pil!
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