Segnalo un mio scritto nell’ultimo numero di PENTELITE:
LO SPAZIO BIANCO DELLA SOLITUDINE
Alcuni passaggi:
… Ci sono motivi storici importanti dietro la censura non dichiarata del silenzio: innanzitutto l’illusione che la parola possa farsi, fuori da se stessa, baluardo di un rassettamento sociale, di una giustizia che né la politica né la cultura sono oggi in grado di esprimere. Se bisogna vestirsi per la rivolta, bisogna sacrificare col sangue la propria piccola compostissima musa fanciulla?
… La differenza che passa tra il pensare di cambiare il mondo scomponendo i codici verbali, sbeffeggiandoli, ricreandoli in altra forma (obiettivo delle avanguardie, per sintetizzare) e utilizzare il linguaggio del mondo intensificandone al massimo l’espressività, sta tutta nella certezza che le parole non cambieranno il mondo, non salveranno nessuno, né noi stessi e neanche la poesia.
… La rinuncia a ridurre lo spazio della parola, la rinuncia a incanalarla verso l’angolo dell’anima più vicino a una verità semplice, finisce per agevolare il trambusto della modernità, il suo creare maschere da maschere, fino a una completa spoliazione.
La parola che non sa costruirsi un proprio spazio bianco e vuoto e piuttosto si immerge nel marasma di un totale deragliamento dei significati, è una parola condannata al frastuono, terra di conquista delle infinite e sempre più confuse voci che abitano il mondo.
Il poeta che ascolta, in silenzio, non può essere che un poeta profondo, un poeta in grado di arginare il rumore e il nulla, che sa scegliere che cosa dire, accettando perfino di farsi attraversare, per scelta o sacrificio, dalla rinuncia a scrivere.
Un grazie particolare a Massimiliano Magnano.