Peppino Impastato davanti a Radio Aut
Nel 1994, quand’ero dirigente scolastico della Scuola Media Statale ‘Giovanni Meli’ di Cinisi, mi occupai di recuperare dei materiali prodotti da Peppino Impastato durante la sua lunga attività culturale e sociale nel suo paese. Tra queste carte ricordo le annotazioni ai telegiornali letti da Peppino durante le sue trasmissioni da Radio Aut, alcuni fogli ciclostilati, parecchie registrazioni, un quaderno scritto dalle sue compagne del gruppo femminile del Circolo di cultura, alcune locandine preparate dallo stesso Impastato per il cineforum e che utilizzai per arredare l’Aula Magna della Scuola media di Cinisi che il Consiglio d’Istituto volle in quell’anno intitolargli. E via di seguito. Quando, nel 1995, lasciai la scuola essendomi trasferito a Palermo, consegnai tutto a Giovanni, il fratello di Peppino, perché quanto avevo pazientemente raccolto potesse servire per l’istituzione di un eventuale archivio.
La farsa che riportiamo è soltanto il frammento di un testo più ampio che Peppino raccolse, forse, dall’antica tradizione cinisense. A Cinisi, infatti, il carnevale era molto sentito (e lo è ancora oggi) e Peppino, era particolarmente attratto dai costumi di questa tradizione locale. Il suo rapporto con il carnevale era profondo in quanto coinvolgeva gli individui e la collettività, l’esistenza delle persone, la loro identità. Forse rappresentò per lui il sogno di un mondo diverso. Fatto di colori, allegria, amore, follia. (GC)
RECITAZIONE D’UNA FARSA CARNEVALESCA
DI GIUSEPPE IMPASTATO
1- Cinisi