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Per combattere austerità uscire dall’Ue

Creato il 12 novembre 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

I salari non aumenteranno finché la Gran Bretagna continuerà a far parte dell’UE, dice Alex Gordon*

UE GB Per combattere austerità uscire dall’Ue

Venerdì 25 ottobre gli addetti alla manutenzione e della pulizia dei treni della First Great Western dipendenti della società MITIE, specialista nelle esternalizzazioni, iscritti alla RMT – National Union of Rail, Maritime and Transport Workers (uno dei più importanti sindacati dei lavoratori dei trasporti, n.d.T.) hanno dato vita ad un picchetto di 50 rumorosi e irrequieti lavoratori in sciopero presso la stazione di Londra Paddington. Chiedono al loro datore di lavoro di aumentare la paga dalle presenti 6,37 £ l’ora, che coprono a malapena il costo del viaggio per recarsi sul luogo di lavoro e sono poco al di sopra del salario minimo nazionale – questo mese innalzato a 6,31 £ – per ottenere la retribuzione minima di Londra, attualmente fissata a 8,55 £ l’ora. Un fatto che fa riflettere è che, per fare in modo che un lavoratore non richieda misure di previdenza sociale, il salario minimo di Londra dovrebbe essere pari a 10,70 £ l’ora.

MITIE, con un fatturato di oltre 2 miliardi di sterline lo scorso anno, è un acronimo che significa “Management Incentive Through Investment Equity” e offre contratti per investitori spesso relativamente piccoli per ottenere rendimenti garantiti – un modello di business che dipende interamente da una viziosa spirale dei salari al ribasso. A settembre anche i membri della RMT che lavorano per la Initial Cleaning Services con una paga a partire da 6,19 £ l’ora hanno scioperato a Derby e in altri centri ferroviari delle Midlands Orientali per avere un salario di sussistenza. Nelle zone fuori Londra lo stipendio minimo per sopravvivere, calcolato annualmente dal centro di ricerca per le politiche sociali della Loughborough University, è attualmente di 7,45 £ l’ora. Gli addetti al servizio di pulizie di alcune note imprese appaltatrici multinazionali hanno intrapreso delle azioni di sciopero in questi ultimi mesi da Londra a Edimburgo e Newcastle, e a Plymouth e Swansea, per lottare per la dignità sul posto di lavoro e per uno stipendio che consenta loro di vivere.

Ciononostante, il modello occupazionale con stipendi minimi si sta estendendo nei settori dei trasporti, della sanità, dell’educazione e nei servizi pubblici, incoraggiato dal governo di coalizione (guidato da David Cameron, con conservatori e liberaldemocratici, n.d.T) e dalle politiche di austerity dell’UE. Come ha mostrato recentemente la Resolution Foundation, lo stipendio minimo nazionale introdotto 10 anni fa dai New Labour, lungi dal creare una rete di sicurezza contro la povertà, è divenuto la paga massima per un numero crescente di lavoratori – e soprattutto di lavoratrici.

Un quarto di coloro che percepiscono lo stipendio minimo – circa 320.000 persone, il 73% delle quali sono donne – lo ha da almeno cinque anni, diventando una paga permanente per quei lavoratori che sembrano essere destinati a essere sottopagati per tutta la vita. Sempre più lavoratori hanno uno stipendio vicino a quello del minimo salariale, mentre alla competizione per tagliare i costi dei salari si affiancano gli attacchi del governo al sistema di protezione sociale. Nel 2012 ha guadagnato non più di 25 centesimi oltre la paga minima circa il 7,6% dei lavoratori del Regno Unito, ossia 1,9 milioni – e sono il doppio rispetto al 2002. Approssimativamente 140.000 lavoratori – il 7% di tutti i percettori di salario minimo – hanno lavorato per almeno dieci anni con questo stipendio. Circa 90.000 sono stati pagati col salario minimo legale sin da quando è stato introdotto nel 2002. Questo significa che il 5% di coloro che hanno lo stipendio minimo sono caduti nella trappola della povertà per i 13 anni in cui è in vigore questo provvedimento.

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Quest’anno è stato segnato da una storica regressione per il mercato del lavoro britannico. Una recessione economica più lunga e più profonda della Grande Depressione degli Anni Trenta ha fornito una scusa per i datori di lavoro al fine di decurtare stipendi e redditi, mentre nuove e insicure forme di occupazione – tra cui il cosiddetto “workfare”, il maggiore ricorso alle esternalizzazioni da parte delle autorità locali, dei ministeri e del servizio sanitario nazionale, e i “contratti a zero ore”, a chiamata – sono diventati preponderanti sul mercato del lavoro. La strategia del governo di coalizione per la crescita mediante salari bassi paradossalmente deve molto a “Hartz 4”, il programma del governo socialdemocratico tedesco della metà degli anni Novanta finalizzato a costringere i lavoratori ad accettare retribuzioni inferiori, tagliando drasticamente la spesa sociale e deregolamentando le condizioni lavorative, portando alla dissoluzione del concetto stesso di posto fisso per una porzione molto ampia della popolazione attiva.

La nostra alternativa a questo futuro incerto e di salari bassi in Gran Bretagna deve essere una richiesta di investimento pubblico, di piena occupazione e di internazionalismo per combattere la competizione globale al ribasso. Per il settore pubblico britannico l’acquisizione della proprietà di servizi, da quelli postali e di trasporto pubblico a quelli abitativi ed energetici, non solo è auspicabile, ma è essenziale. La “Osbornomics” (dal Cancelliere George Osborne, Ministro delle Finanze britannico, n.d.T.) è la conseguenza del dominio del settore finanziario, la City di Londra, che realizza profitti con la speculazione a breve termine, anziché con l’investimento sul lungo periodo. I miliardi di denaro a basso costo offerti dalla Banca di Inghilterra con il “Quantitative Easing” sono stati accumulati dalle banche e fanno ben poco per stimolare la crescita. Solo l’intervento diretto del settore pubblico può cambiare le cose.

Uscire dall’UE è il presupposto per consentire alla Gran Bretagna di affrontare il problema e di adottare una politica industriale attiva. Con una “uscita da sinistra”, la Gran Bretagna potrebbe aiutare enormemente tutte quelle nazioni dell’UE che lottano per rinegoziare le condizioni e porre fine alla prospettiva di anni di disoccupazione di massa e di caduta dei salari. Per mobilitare un movimento popolare contro l’austerità le rivendicazioni principali sono la difesa di quello che rimane del welfare state e politiche per creare un’occupazione sicura e sostenibile.

Tra oggi e il 2017 la questione di un referendum sull’appartenenza della Gran Bretagna all’UE dominerà sempre più la discussione politica. I sostenitori delle politiche di austerità del governo britannico fanno notare prontamente che le richieste per un’alternativa sono incompatibili con lo status legale della Gran Bretagna all’interno dell’UE – e questo vale anche per le strategie economiche alternative proposte dalle federazioni sindacali TUC e STUC, ad esempio la proprietà pubblica della Royal Mail o la ri-nazionalizzazione delle ferrovie. A meno che la sinistra e il movimento sindacale non sfidino l’austerità dell’UE, queste politiche (di austerità, n.d.T.) continueranno con i futuri governi britannici. I servizi sociali saranno decimati e l’emergenza abitativa peggiorerà – fornendo all’UKIP e all’estrema destra argomenti in campo per posizioni ancora più reazionarie.

In Europa la destra avanza. Il sostegno ai socialdemocratici europeisti sta crollando. Razzisti e fascisti si stanno radicando all’interno delle comunità della classe lavoratrice e stanno sfruttando l’UE per finalità scioviniste. Perciò la sinistra, il movimento sindacale e tutte le forze che si oppongono all’austerità devono indicare un’alternativa chiara che unisca l’uscita dall’UE con la lotta per il lavoro e per i servizi pubblici. L’uscita “da sinistra” dall’UE è il principale elemento di unificazione per offrire un’alternativa popolare all’austerità, al razzismo e alla xenofobia. La sinistra deve farsi portavoce del diritto democratico a un referendum sulla permanenza nell’UE – e usarlo per dimostrare che una nuova società può mantenere tutte le migliori conquiste del secolo scorso e realizzare gli obiettivi di lungo periodo di coloro che hanno lottato per ottenerle.

 

* Alex Gordon è stato presidente del sindacato RMT – National Union of Rail, Maritime and Transport Workers.

 

Fonte: Morning Star (Giovedì 29 ottobre 2013)

Traduzione dall’inglese a cura di Piotr Zygulski

Si ringrazia Matteo Mario Vecchio


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