Magazine Economia
Possono sembrare questioni astruse, ma adottare una regola contabile piuttosto che un’altra a livello internazionale (e nazionale) può avere conseguenze molto serie. Da qualche tempo è sotto gli occhi di tutti l’impatto (negativo) che ha avuto per le banche italiane la decisione dell’Eba (European Banking Authority), su pressione della Germania, di considerare asset “a rischio” (da svalutare a seconda del rating dell’emittente) tutti i titoli di stato, compresi quelli italiani e spagnoli, e non solo quelli di sovrani come la Grecia (o l’Irlanda o il Portogallo) che avevano già richiesto e ottenuto aiuti internazionali per cercare di tirarsi fuori dalla crisi creditizia.
Altrettanto deleterio rischia di essere quel “patto fiscale” su cui la Germania
continua a basare il proprio metro di giudizio nel valutare chi sia “degno” e chi no di ricevere ulteriori aiuti, ignorando volutamente che salvo la Grecia (che ha truccato sistematicamente i conti, peraltro aiutata in questo dalle maggiori banche d’affari mondiali, comprese quelle europee e tedesche) né la Spagna né l’Irlanda avevano, prima della crisi creditizia, alcun problema relativo all’andamento dei conti pubblici (la Spagna come l’Italia aveva saputo raggiungere un avanzo di bilancio primario, e semmai è stata colpita dal deflagrare della bolla immobiliare, l’Irlanda aveva un rapporto debito/Pil pari alla metà di quello tedesco).
Ma ancora più a monte in molti analisti si chiedono se oltre all’effetto fortemente “pro ciclico” delle misure varate da mezza Europa sotto la spinta di Berlino (misure che per paesi come Grecia e Portogallo privi di forti esportazioni e con economie che prima dell’ingresso nell’eurozona erano sempre state caratterizzate da una crescita bassa o nulla del Pil portano più male che bene, finendo col generare un crollo del Pil, una crescita della disoccupazione, un impoverimento generale dei paesi in questione e pertanto ulteriori crolli delle entrate fiscali e nuovi deficit) a non funzionare sia il complesso di norme che va sotto il nome di Basilea III.
Figlio del precedente accordo di Basilea II, che mirava a prevenire nuovi crack delle dimensioni di quello di Lehman Brothers attraverso una più attenta quantificazione e gestione dei rischi (identificati a tre livelli: rischio di credito, rischio operativo e rischio di mercato), finendo tuttavia col mettere l'intero credito mondiale nelle mani, potenzialmente, di un piccolo oligopolio di agenzie di rating, Basilea III si propone di rendere il sistema creditizio mondiale in grado di sopportare meglio eventuali ulteriori crisi economiche e finanziarie.
Come? Accrescendo i propri capitali in proporzione ai rischi a cui gli istituti sono esposti. E siccome molte volte aumentare il capitale a colpi di aumenti costa (sia in termini economici sia di perdita di controllo) più che non rinunciare a una parte delle proprie attività, la risposta di molti istituti (italiani e non) è stata quella non di rafforzare i patrimoni mettendo mezzi freschi (del resto difficile da reperire in questi mercati) ma tagliare il credito o cedere rami d’impresa.
Il che rischia di avere due effetti ugualmente negativi: portare a una stretta del credito per famiglie e imprese proprio quando la recessione economica da un lato e le manovre di “austerity” dall’altra stanno già tagliando il reddito disponibile (per risparmi e consumi), con un effetto fortemente “pro ciclico” e portare a una sovracapitalizzazione delle banche, che quindi produrranno minori utili per i propri azionisti che potrebbero a quel punto essere tentati di recuperare in qualche altro modo (tipicamente attraverso l’utilizzo di derivati, che ancora si sottraggono a una regolamentazione particolareggiata) maggiori margini reddituali o cedere attività percepite come troppo onerose rispetto ai ritorni offerti. Come spesso succede le strade dell'inferno (finanziario) sono lastricate di buone intenzioni, che finiscono puntualmente per rivolgersi contro coloro che tali norme applicano con eccessivo rigore (verrebbe da dire con spirito integralista). Come già ho avuto modo di dire soprattutto (ma non solo) in campo finanziario essere sobri e tenere sotto controllo costi e ricavi è certamente una virtù, ma l'eccessiva rigidità è sinonimo di stupidità (o cela interessi di parte). fonte
Potrebbero interessarti anche :
Possono interessarti anche questi articoli :
-
Ma quanta gente c'è in Italia che non ha un caxxo da fare tutto il giorno??
Ieri sono rimasto veramente allucinato... Stavo vivendo una giornata di fuoco (più o meno come tutte)... Ed eccone il resoconto: ....Mi sveglio come al solito... Leggere il seguito
Da Beatotrader
ECONOMIA, SOCIETÀ -
Ma Putin non è la Russia
La tesi secondo la quale “Putin è la Russia”, appalesatasi al convegno – a porte chiuse – tenutosi alla Farnesina e vertente sui rapporti tra Occidente e... Leggere il seguito
Da Zeroconsensus
ATTUALITÀ, ECONOMIA, POLITICA, SOCIETÀ -
Naaaaa...non c'è nessuna BOLLA... (ma allo stesso tempo come cavalcarla al...
Naaaaaa non c' nessuna BOLLA...ci dicono al massimo qualche "piccolo eccesso"...ma niente di preoccupante... Giudicate voi.... ;-) E non vi ho messo i... Leggere il seguito
Da Beatotrader
ECONOMIA, SOCIETÀ -
Tutti a Cuba!
Mentre la maggioranza di voi sta ancora qui in FallitaGlia a "masturbarsi" tutti i giorni su un +0,1% in più od in meno... o peggio ancora su Italicum, Expo ... Leggere il seguito
Da Beatotrader
ECONOMIA, SOCIETÀ -
Euro che decolla, Petrolio che decolla, rendimenti BTP che decollano = ciao...
Io non è che voglia fare il Gufo per forza... ma prima di tutto bisogna essere REALISTI .... Ebbene... c'è tanta gente che ha fatto uno "sporco" MARKETING da 4... Leggere il seguito
Da Beatotrader
ECONOMIA, SOCIETÀ -
Quanta gente si sta perdendo il mega-treno immobiliare di Berlino! (insieme a...
Nemmeno il tempo di tornare dal Sud Est Asiatico per il nuovo Progetto in corso... che anche la mitica Operazione Valchiria (mi compro Casa a Berlino) lanciata ... Leggere il seguito
Da Beatotrader
ECONOMIA, SOCIETÀ