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Fatta eccezione per gli alimenti che passo alla mia ex moglie, non ho mai pagato una donna per l’esserci stato a letto e tuttavia non ritengo giusta la pressoché unanime condanna morale della prostituzione. Quando è un libero contratto tra adulti responsabili, non vedo a quale titolo io possa biasimare chi offra prestazioni sessuali a pagamento e chi le paghi: fatti loro, mi basta che non sporchino il suolo pubblico o il mio parquet.Ho già scritto – ieri – che, a dilatare i confini di ciò che è detto sesso e di ciò che è detto appagamento, molti si prostituiscono e lo considerano legittimo. Semplicemente non lo sanno o fanno finta. Si prenda, per esempio, il tizio che goda come un porco (o la tizia che goda come una vacca) nel ricevere complimenti per le sue vere o presunte doti (fisiche, intellettuali, ecc.): può sembrarmi avvilente, e personalmente mi sembra tale, ma cosa m’importa se paga per procurarseli? E che diritto ho di dire se il prezzo è giusto?Parliamoci chiaramente: la pressoché unanime condanna morale della prostituzione è un tartufo cresciuto tra le radici cristiane, per l’aver ridotto il sesso a funzione del sacramento amoroso. Sarò nostalgico del paganesimo, ma il cristianesimo ha avvelenato il piacere sessuale alla fonte. E i sintomi sono evidenti. Sento in questi giorni, un po’ dappertutto, voci che non si limitano a esprimere la personale repulsione per la prostituzione (e mi verrebbe voglia di sapere quanto pagano per essere appagati), ma esigono che sia unanime.
La sinistra (se ha un senso chiamarla così) pretende che la prostituzione sia equiparata alla schiavitù, come se offrire prestazioni sessuali a pagamento sia possibile solo se oppressi dall’estremo bisogno o sotto la minaccia di un pappone violento o per capitalistica induzione alla cosificazione dei deboli.La destra (come sopra) non è così intransigente e si limita a stigmatizzarla come indecente necessità che impone una civile ipocrisia e discrete zone franche.I laici, poi, che manco so più che mi significa, a chiacchiere contestano le puttanate su eros e agape di Benedetto XVI, ma poi finiscono per arricciare il naso dinanzi a ciò che è pur sempre “sesso senza amore”. Prendete i radicali, per esempio. Dai tempi dei referendum sul divorzio e sull’aborto hanno concluso poco o niente, con l’eccezione di quel progetto di società che stava nei 31 punti di Fiuggi e che era il manifesto della Rosa nel Pugno: lì la prostituzione era considerata una professione, ma pure loro a fare i puritani e dare del puttaniere a Silvio Berlusconi e della puttana a questa e a quella, con un fare sprezzante, da veterofemministe che “la penetrazione è intrinsecamente atto violento”.Chi è che mi viene a fare eccezione? Da non credersi: i cattolici. Con la tonaca o senza, i cattolici più avvinti alle sorti del berlusconismo sono i più tolleranti verso il puttaniere e, quindi, per sofferta conseguenza, verso le sue puttane. “Volete lapidarli in pubblica piazza? Chi non ha peccato scagli la prima pietra!”. Commoventi. Così tolleranti verso i peccatori, di tanto in tanto. Neanche li riconosci in quelli che ti seppellirebbero sotto uno scoglio per un bacio gay in spiaggia.
Insomma, che uno col cervello andato in gorgonzola si sente un eroico tirannicida e spara un 60 mm in bocca a Silvio Berlusconi, passi. Ma che la mostruosità del nostro tirannello tocchi l’apice nell’andare a puttane, fatemi il piacere, evitate.Che quella fosse minorenne, ok. Che oltre al denaro ci ha messo abuso di potere, pure. Che in quanto Presidente del Consiglio debba rispettare un galateo più oneroso di quello di un comune cittadino, perfetto. Ma l’andare a puttane, in sé, sia un crimine contro l’umanità, per favore, proprio no.
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