Oggi vi racconto la storia di due amici. Si chiamano Luca e Claudio. Anzi, un inizio più poetico. C’erano una volta Luca e Claudio. Luca e Claudio sono prigionieri che non hanno diritto di parola. Sono guerrieri immobili che abbiamo la feroce idea di incatenare. Perché? Ma non è colpa nostra il perché. Noi siamo ammalati. La nostra malattia si chiama sequela delle priorità. Attualmente la priorità è drammatica e fa rumore, molto rumore, mentre Luca e Claudio sono silenziosi, non spostano l’aria per fare rumore, non fanno vibrare le molecole della miscela, non fanno come noi per fare rumore. Insomma, anche il loro rumore è speciale, non solo la loro guerra. Ma questa è una favola e nelle favole tutto è speciale, un po’ anche magico. La nostra drammatica sequela delle priorità, che fa un rumore pazzesco, è il bilancio, il conto che deve tornare. Per fare il bilancio e non soccombere alla malattia, tiriamo una riga sul fondo di una pagina vuota. Premiamo molto con la penna, mentre tiriamo la riga, cercando di ascoltare tutti quelli che arrivano coi loro grandi ombrelli, con le vaste automobili, con le fronti che grondano per pagare immensi mutui per immense case che necessitano immensi vitalizi, altrimenti si sprofonda nella depressione delle cicale a cavallo di ottobre, quando il vento scava per svuotarle, “nella prima belletta di novembre”, diceva il grande Montale. Luca e Claudio non tirano righe con la penna perché le loro mani sono immobili. Incateniamole, che non si sa mai. Non pagano mutui sontuosi e non battono cassa per le ragioni del loro lecito superfluo. Al tavolo delle trattative, dove si discutono i sintomi della malattia, non possono nemmeno partecipare. In fondo, sono guerrieri. Il loro arrivo si accompagna di grandi apparati bellici. Ci vuole una pista di atterraggio, un po’ più piccola di quella che serve per 80 bombardieri, ma la pista serve comunque. Li vogliamo forse fare atterrare sul marciapiede? No. Siamo gente sensibilizzata da sua maestà il denaro. E questi guerrieri sono dei robocop, con tutti quei fili, luci, led a basso consumo energetico. Il fatto è che abbiamo paura degli occhi. I loro occhi. Sono un’arma affilata. Parlano da lì, con un flusso piroclastico che scassa il marmo dai palazzi. Sono eruzioni, i loro occhi. Ma noi li abbiamo incatenati e vogliamo incatenare anche i loro occhi, tagliando i fili all’apparato che permette di convertire uno sguardo in una parola. Costa molto denaro, che cosa credete? Come un’automobile ma senza gli incentivi eco. Luca e Claudio sono rari nella loro malattia. La loro malattia si chiama Sclerosi Laterale Amiotrofica. La nostra è meno rara, perché sono tanti gli ipocondriaci convinti di avere la sequela delle priorità. Sono così convinti che quasi quasi ne vanno orgogliosi. Da alcuni giorni tanti amici come Luca e Claudio non mangiano più. O, meglio, si sono fatti chiudere il tubo dell’alimentazione, perché sono dei guerrieri e il guerriero non fa lo sciopero: si astiene. Non mangiano più per diventare leggeri e prendere il volo sulla sequela delle priorità e farci ombra meglio. L’associazione dei ricchi che hanno sudato le proprie monete ha in mano la sequela delle priorità, cioè la madre del virus letale. E la sequela dice: niente chiavi per le loro manette, perché è iniquo. È iniquo che siamo sempre noi che abbiamo stivato molte chiavi a doverci privare della chiave. Giusto, sacrosanto. E poi c’è il ministro. Che non può modificare la sequela delle priorità. Se non lui il capo di gabinetto, il presidente della commissione, il tizio che lucida la ringhiera. Nessuno può. Se nessuno può perché nessuno ha il potere, e il potere ce l’hanno le banche, la compagnie petrolifere e l’industria farmaceutica, allora il nostro Stato è anarchico, quindi il ministro si deve dimettere, disfatto dai morsi della coscienza. Perché Luca e Claudio, incatenati e inappetenti forzati, hanno fretta. Sanno che la nostra è una malattia ben più grave, che si chiama indecenza, e di indecenza si muore presto, e quando saranno soli al mondo perché tutti noi saremo morti ci sarà un grande spreco di spazio.
Suvvia, restiamo umani.