Per il ritorno di un sistema elettorale proporzionale (per la rinascita della Democrazia e della sinistra)
Creato il 13 settembre 2011 da VeritaedemocraziaIl tema della riforma della leggeelettorale (unitamente a quello delle riforme istituzionali) è daalmeno un ventennio uno degli argomenti caldi del dibattito politico.Eppure proprio l'esperienza di questiultimi decenni, con il passaggio dal sistema elettorale proporzionalea quello maggioritario, dovrebbe averci insegnato alcune cose.In tanti hanno creduto, io compreso,che il cambiamento del sistema elettorale fosse condizione necessariae in gran parte sufficiente per trasformare la politica: percombattere la partitocrazia e la parassitaria rendita di posizioneche nella cosiddetta prima repubblica avevano acquisito partitipiccoli e piccolissimi, per garantire la governabilità attraversoEsecutivi autorevoli ed efficienti fondati su maggioranze coese edespressione della esplicita scelta dei cittadini, per moralizzare lavita pubblica assicurando una migliore selezione della classedirigente ed un rapporto diretto tra elettori ed eletti ('prima lapersona').Ciò non è stato: nella secondarepubblica è al contrario aumentato il numero dei partiti, questihanno perso la caratteristica di organizzazioni collettive perdiventare sempre più le creature personali di singoli esponentipolitici, la corruzione non ha allentato la presa sulla societàitaliana e nel complesso non è certo migliorata la qualità e laprobità della classe politica dirigente.Il passaggio dal mattarellum, sistemamisto con collegi uninominali e quota proporzionale del 25 per centodei seggi, al porcellum Calderoli, con l'elezione dei parlamentari inbase alle liste bloccate definite dai leader di partito e con unpremio di maggioranza che teoricamente può attribuire la maggioranzaassoluta della Camera dei Deputati alla coalizione che ottenga anchesolo un'esigua maggioranza relativa dei voti espressi (25% ? 30% ?),ha ulteriormente imbastardito il sistema togliendo ai cittadini anchela possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
Al di là di questo l'esperienza delmaggioritario deve comunque consentirci di trarre due ulterioriconclusioni.Primo: la legge elettorale rappresentaun fattore secondario (anche se certo non ininfluente) per ladefinizione della vita politica in confronto ad altri elementi qualila consapevolezza e la volontà di partecipazione dei cittadini, laloro capacità e volontà di sanzionare comportamenti scorretti esocialmente immorali e premiare quelli virtuosi (e rispetto a tuttoquesto è fondamentale il sistema dell'informazione ed il livelloculturale ed il senso civico dei cittadini).Secondo: un sistema elettoralemaggioritario (sia nella versione mattarellum che in quella calderoli) obbligai partiti e conseguentemente i cittadini apparentemente ad una sceltasecca, da una parte o dall'altra, con il centro destra o il centrosinistra. In realtà chi vince sempre è il centro, inteso comesistema sociale ed economico dominante di fronte al quale lecoalizioni concorrenti rappresentano esclusivamente delle variazionisul tema. Da qui la continua crescita degli astensionisti (ormai il primo partito del Paese): espressione in parte del rifiuto consapevole di partiti e coalizioni che fanno sostanzialmente tutti le stesse cose, in parte frutto del disinteresse e del disincanto rispetto ad un voto 'inutile'.Certo non mancano i tentativi di darevita a terze vie ed a partiti/coalizioni che propongono di rifiutaretutte le opzioni in campo ma di fatto il cittadino vieneinesorabilmente sopraffatto dagli imperativi del 'voto utile' e del'male minore'. Cosa dovrebbe fare l'elettore democratico e disinistra di fronte alla candidatura di Berlusconi? Resta solo lascelta drammatica tra l'astensione o la preferenza nei confronti diun partito anti-sistema estraneo alla coalizione di centro sinistra,sottraendogli potenziali consensi e così favorendo la vittoria delledestre, oppure ingoiare il rospo (si chiami di volta in volta Prodi,Rutelli, Veltroni, domani Montezemolo o Profumo) e scegliere qualcosache somigli almeno lontanamente al meno peggio.E' lo stesso dilemma che attanaglia ipartiti della sinistra post-comunista (in particolare la Federazionedella Sinistra): sporcarsi le mani partecipando (e legittimandola) aduna coalizione che vuole mantenere lo status quo sociale ed economicoesistente ma così garantirsi la propria sopravvivenza comeorganizzazione politica (in termini di finanziamenti pubblici e divisibilità mediatica), con l'illusione di poterla condizionarestando all'interno del Palazzo (progetto fallito nelle due esperienzedei governi Prodi) oppure scegliere un'orgogliosa corsa solitaria percondannarsi quasi inevitabilmente all'estinzione o, nella miglioredelle ipotesi, a restare politicamente ininfluenti?A meno di non trovarsi comeinterlocutore l'amerikano Veltroni che tolga le castagne dal fuoco diqualsiasi dubbio su tale scelta con la sua pretesa di cancellare lasinistra più radicale dal quadro politico.Lo stesso vale in effetti anche perl'elettore della destra tradizionale (Dio, Patria e Famiglia) o perun cattolico conservatore che per contrastare la vittoria dei'comunisti' si vede costretto a votare il puttaniere di Arcore e perun governo in cui è determinante la presenza dei secessionisti dellaLega.Sostanzialmente il sistemamaggioritario elimina qualunque spazio per esprimere una preferenza elettorale che sia di reale alternativa (si chiami sinistra, area diprogresso e civiltà come la definisce il nostro Giandiego o dirifiuto della casta alla Grillo) al sistema dominante, imponendo lascelta tra le due facce di uno stesso sistema.Ecco allora che chi ritieneindispensabile dare voce a quei settori sociali e a quelle istanzeideali e culturali che vogliono un reale cambiamento della società e che hanno consapevolezza che questo può realizzarsi solo in un rapporto conflittuale con il potere dominante e non con la partecipazione allo stesso, chi ritiene irrinunciabile un reale pluralismo politicodovrebbe battersi anzitutto per un ritorno al sistema proporzionale.Una legge attraverso la quale posizioni ora certo minoritarie ma comunqueconsistenti potrebbero ritrovare una loro espressione parlamentaresenza doversi inchinare, per una mera logica di sopravvivenza, allalogica delle coalizioni e del 'male minore' (non lasciare campolibero alla vittoria delle destre).Continua al contrario l'inganno perpetrato a danno deicittadini e degli elettori. Di fronte all'intollerabile vergognadella legge elettorale Calderoli sono state predisposte due propostereferendarie: quella che avrebbe consentito il ritorno alproporzionale e quella per ripristinare il Mattarellum. Ebbene laprima, avente come primi firmatari Stefano Passigli e GiovanniSartori e a cui avevano aderito importanti intellettuali e giuristi eche si proponeva l'abolizione delle 'liste bloccate' (quelle che nonconsentono agli elettori di esprimere un voto di preferenza), ilpremio di maggioranza, l'indicazione del candidato premier sullascheda elettorale e di definire la soglia di sbarramento perl'acquisizione di seggi al 4 per cento è scomparsa totalmente dallascena per lasciare il passo alla seconda al cui comitato promotorehanno aderito oltre all'area democratica del PD (i veltroniani chenon tollerano l'idea della presenza nel sistema politico italiano diuna vera sinistra) anche IDV e SEL (!).Quello che viene ora spacciata (ilritorno al Mattarellum) come una indispensabile riforma radicale e come il modo di restituire ai cittadinila possibilità di scegliere i propri rappresentanti non farebbealtro, in realtà, che riconfermare quel sistema fallimentare e disostanziale negazione di una vera democrazia che abbiamo conosciutoin questi ultimi vent'anni.E' probabile che la reale intenzionedella proposta Passigli-Sartori fosse esclusivamente quella diinnescare un percorso referendario per la riforma della leggeelettorale calderoli, ponendo in secondo piano il problema di come sostituirla, ma ancora una volta si deve rilevare che è mancata alleforze alternative la lucidità, la capacità, la lungimiranza, forsela volontà stessa (per inconfessabili interessi) di condurreunitariamente una battaglia per un reale cambiamento del sistema.
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