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L'unità è possibile: liberalsocialisti, socialisti e comunisti affermano oggi tutti fondamentalmente le stesse cose e cioè che si esce dalla crisi e si realizza la giustizia sociale attraverso l'intervento pubblico nell'economia e contestando/rovesciando i trattati europei
L'unità è necessaria: come scrive Revelli “Se una lezione ci viene dai fatti è che nessuna delle forme politiche generatesi alla sinistra del PD può sopravvivere oggi da sola. E nel contempo che il processo di ricostruzione di una sinistra italiana non può ignorarne nessuna, così non può ignorare l'enorme esercito degli scoraggiati, degli indignati e dei delusi, migrati nelle aree grigie dell'astensione, o del voto grillino, o di quello al PD a naso turato.”
Stante queste premesse:
il punto di partenza è riconoscere che il PD non fa parte della Sinistra. Questa involuzione non nasce con Renzi ma ha basi ben più profonde e lontane nel tempo: nei governi di centrosinistra che hanno contribuito al progressivo smantellamento dello Stato sociale, all'aggressione nei confronti delle condizioni di vita e dei diritti dei lavoratori (a partire dall'introduzione della legge Treu sul precariato) e lanciato l'Italia senza reti di protezione nell'avventura dell'euro; nel sostegno da parte del PD di Bersani, insieme alle destre berlusconiane, del governo della macelleria sociale di Monti, all'immissione del pareggio di bilancio in Costituzione e alla quasi totale cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La nostra Unità è di tutti coloro che si considerano alternativi al PD;
la distinzione oggi a Sinistra tra radicalismo e riformismo è qualcosa fuori tempo e fuori luogo, tenuto conto da un lato del dominio politico e culturale esercitato dal pensiero unico capitalista e liberista e dall'altro che non esiste più la fascinazione (ed il sostegno politico e finanziario) del modello comunista sovietico; di fatto si può dire che siamo tutti socialdemocratici e riformisti (ed in questo senso lo era anche Enrico Berlinguer) nel momento in cui ci riconosciamo nella democrazia pluralista disegnata dalla nostra Costituzione e in un modello di economia mista che preveda accanto ad una robusta e decisiva presenza pubblica anche lo spazio per l'iniziativa privata; nel contempo però dobbiamo rivendicare ed assumere un'identità radicale per affermare la nostra diversità nei confronti del PD e delle passate esperienze del centrosinistra;
se si fa cadere la distinzione tra riformisti e radicali deve venir meno anche il terrore del minoritarismo: la Sinistra riacquista forza e presenza nella società non occupando poltrone, non attraverso alleanze opportunistiche ma se ha una propria identità forte e netta ed una capacità di proposta con cui poter mobilitare le persone incontrandone bisogni e richieste; esiste oggi una tale mobilità dell'elettorato (basti pensare all'impetuosa avanzata del Movimento 5 Stelle) ed una così ampia parte dei cittadini che si sono allontanati dalla politica che non deve spaventare ripartire dal 2 o 3 per cento dei voti (o dal quattro per cento dei voti se consideriamo la lista Tsipras) quando si ha la consapevolezza che si sta seminando efficacemente per il futuro.
Dentro questo quadro ideale il soggetto politico dell'Alternativa di Sinistra richiede inderogabilmente:
l'unità organizzativa (nella forma che sarà possibile e pertanto oggi la costituzione di una federazione appare quella più a portata di mano) di tutte le componenti culturali, politiche, sociali, sindacali, ambientaliste di Sinistra, critiche nei confronti dell'assetto economico e sociale capitalista e liberista e che di conseguenza si considerano alternative al PD;
l'adozione di un linguaggio radicale, esplicito, diretto ma popolare e comprensibile attraverso il quale rimarcare la diversità nei confronti di chi ha tradito e infangato gli ideali della Sinistra e nel contempo porsi in sintonia con i bisogni concreti dei ceti popolari riuscendo a parlare alla loro testa, al loro cuore, alla loro pancia;
di assumere prioritariamente il carattere di partito sociale: con qualche comparsata nei talk show televisivi o con l'impegno nei social network non si infrange il pensiero unico liberista, il dominio dell'informazione da parte dei ceti dominanti, la distorsione della volontà popolare realizzata attraverso le pratiche del voto di scambio e della corruzione o ad opera dei tanti centri di potere più o meno occulti (quelli economici, quelli delle mafie, quelli vaticani) e delle potenze straniere e delle istituzioni sovranazionali, non si riporta all'impegno o all'interesse verso la politica quel 50 per cento e più di cittadini che se ne sono distaccati o che credono di trovare la rappresentanza delle proprie ragioni di protesta in movimenti come la Lega o i 5 Stelle. Stare sul territorio, possibilmente in collaborazione e in accordo con i movimenti e le associazioni già esistenti, significa offrire alle persone ed in particolare alle più deboli ed indifese occasioni di socializzazione, di tutela dei propri diritti, per incrementare il proprio potere d'acquisto. Le Case Comuni della Sinistra non devono essere solo luoghi di discussione politica ma soprattutto dei punti di riferimento per la vita delle persone, una sorta di “pronto soccorso sociale”: solo così si può pensare di ridare egemonia alla cultura della solidarietà e dell'uguaglianza e di riattivare la mobilitazione delle masse, riprendendo la tradizione della Sinistra del movimento cooperativo e delle società di mutuo soccorso.
Queste caratteristiche, d'altro canto, sono proprio quelle che hanno determinato il successo di Syriza in Grecia.
Per quanto riguarda la lista Tsipras, infine, e il percorso unitario che esso ha aperto pur non potendosi non guardare con favore l'esperienza che essa ha rappresentato e le energie che è riuscita ad attivare, le perplessità i dubbi le riserve che essa suscita stanno tutte nelle timidezze e nelle ambiguità che frenano oggi la nascita del nuovo soggetto politico unitario della Sinistra di Alternativa, in modo esplicito e trasparente e secondo il principio di “una testa, un voto”. Sappiamo tutti invece che non c'è più tempo: ce lo gridano, ad ogni momento, la crisi, l'aggressione liberista ai lavoratori e al welfare, la svolta autoritaria di Renzusconi, le guerre.
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