“Sotto il segno di Giovanni Paolo II anche i rapporti tra Italia e Vaticano conoscono una svolta politico-diplomatica di straordinaria rilevanza. Merito anche di Bettino Craxi, presidente del Consiglio alla metà degli anni Ottanta, il quale ebbe il coraggio e la decisione di realizzare il nuovo Concordato con la Chiesa cattolica. Anche solo per questo successo, che non fu conseguito né dai democristiani, né dai laici prima di lui al governo, la memoria del leader socialista è consegnata alla storia politica italiana”.Così scrive Luigi Amicone, senza spiegarci perché il nuovo Concordato non sia stato possibile prima del 1984. Merito di Craxi? Demerito dei democristiani e dei laici prima di lui al governo? Significa stravolgere i fatti, che in questo caso non sono suscettibili di altra lettura: nessuna revisione sarebbe stata possibile senza le due mazzate referendarie che la Santa Sede si beccò nel 1974 e nel 1981.Basta una scorsa alle più di 300 pagine di fonti inedite che Giovanni Spadolini mette in appendice a La questione del Concordato (Le Monnier, 1976), soprattutto quelle relative alle note verbali intercorse tra Segreteria di Stato Vaticano e Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede nel biennio 1966-67, dove emerge con chiarezza un dato incontrovertibile: il Vaticano rifiutava di accettare proprio ciò che poi accettò nel 1984.
Senza le vittorie referendarie del fronte laico nessun Craxi sarebbe riuscito a portare a casa il Concordato del 1984. Che insieme all’art. 7 della Costituzione rimane la più grande vergogna della Repubblica, ma che costituisce pur sempre una decente foglia di fico grazie al venir meno dell’assunto che nel 1929 ribadiva quello albertino del cattolicesimo come religione di Stato.
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