Per la strage di piazza della Loggia, a Brescia, non ci sono colpevoli. I quattro imputati per i quali si è svolto il processo d’appello sono stati assolti. Ha detto il procuratore Roberto Di Martino: «È una vicenda che va ormai consegnata alla storia, più che alla giustizia».
Erano le 10.12 del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia era in corso una manifestazione antifascista. Pioveva. La bomba esplose in un cestino dei rifiuti, spazzò via tutto ciò che c’era intorno: otto morti, un centinaio di feriti. Sono passati 38 anni da allora, non c’è verità giudiziaria. I quattro imputati erano: Carlo Maria Maggi, medico di Mestre dirigente dell’organizzazione fascista Ordine NUovo; Delfo Zorzi, altro fascista veneto, indicato dall’accusa come l’uomo che aveva procurato la bomba,oggi vive in Giappone, è cittadino nipponico, si fa chiamare Hagen Roi, “origine delle onde”, è produttore di tessuti e pellami, esporta anche in Italia ma qui non torna; Maurizio Tramonte (alias Tritone), informatore dei servizi segreti, l’accusa ha sostenuto che partecipò alle riunioni preparatorie dell’attentato; Francesco Delfino, ex generale dei carabinieri, processato con l’accusa di aver saputo quello che stava per accadere ma di non aver fatto nulla per evitare la strage.
Erano stati assolti anche in primo grado, così come era stato assolto Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, uscito poi definitivamente dal processo.
È stato un procedimento lungo, milioni di pagine da esaminare, decine di testimonianze. E quasi 40 anni di storia passati dal momento dell’esplosione. C’erano state novità nel processo d’appello. In primo grado era stata giudicata inattendibile la confessione del fascista pentito Carlo Digilio, ex collaboratore della Cia, morto nel 2005. Con nuove testimonianze l’accusa aveva invece tentato di avvalorare la sua confessione. E molta importanza i pubblici ministeri avevano dato all’intercettazione ambientale tra due fascisti, Roberto Raho e Pietro Battiston, che esprimevano il timore di essere collegati ai “mestrini” che usavano le bombe. I mestrini, in quegli anni, tenevano nascosto la gelignite, un esplosivo, nel magazzino di una trattoria. «Dinamite e gelignite si volatilizzano e i periti hanno trovato solo tracce di tritolo, ma non vuol dire che la gelignite non ci fosse», aveva detto l’avvocato di parte civile Piergiorgio Vittorini. Ma di fatto, ciò che era stato trovato a piazza della Loggia, era tritolo, non gelignite. Come per altre vicende di quegli anni il tempo passato, i depistaggi, le coperture, hanno creato un fumo che, andandosene, ha portato via tutto, ha reso impossibile qualsiasi conclusione. Non ci sarà mai verità giudiziaria.
Una verità storica c’è da tempo: quella di piazza della Loggia fu una strage fascista, voluta e e poi “protetta” dai servizi segreti. La stessa verità che c’è per piazza Fontana, per l’Italicus. Era la strategia della tensione. Fascisti e servizi segreti. Poche ore dopo l’esplosione a piazza della Loggia venne dato ordine ai pompieri di ripulire la piazza con le autopompe: i reperti di esplosivo furono in gran parte spazzati via, nessuno aveva ancora fatto i rilievi. Scomparvero anche i reperti prelevati in ospedale dai feriti e dai cadaveri.
Quel giorno a Brescia morirono Giulietta Banzi Bazoli, Livio Bottardi Milani, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Clementina Trebeschi, Vittorio Zambarda. È storia, appunto. Non giustizia.