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Per luciano comida…

Creato il 23 maggio 2011 da Letteratitudine
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L’amico scrittore Luciano Comida ci ha lasciati il 21 maggio 2011. Oltre che per la sua rilevante produzione letteraria (incentrata soprattutto sulla letteratura per ragazzi, con pubblicazioni edite da Einaudi ragazzi e EL) e per i numerosi premi vinti, era noto per la militanza nella blogosfera con il suo Il ringhio di Idefix e per il suo contributo nel portare avanti magazine come Konrad.
Mi hanno sempre colpito la sua attenzione per la crescita culturale dei ragazzi, la sua voglia instancabile di incontrarli nelle scuole, il suo amore sconfinato per i libri, la sua passione trasversale per le letture… che lo portava a viaggiare dalle belle pagine di Ernesto Sabato (Luciano ha contribuito a far vincere all’autore sudamericano l’edizione 2010 del Letteratitudine Book Award, un gioco letterario condotto su questo blog) a quelle gotiche della letteratura dei vampiri (è stata determinante la sua partecipazione all’omonimo dibattito).
La notizia della sua scomparsa mi ha molto scosso, anche perché Letteratitudine nasce insieme ai commenti rilasciati da Luciano. Sono andato a controllare: il primo è datato 24 settembre 2006, nell’ambito di questo post.
Tempo fa avevamo aperto anche una sorta di rubrica intitolata: “Michele Crismani secondo il mondo”.
Michele Crismani è uno dei più importanti personaggi letterari creati da Comida. Lui lo presentava così, con l’umorismo tipico che sempre lo contraddistingueva: “Mi chiamo Michele Crismani, abito a Trieste, ho tredici anni e un problema: uno schifoso di nome Luciano Comida scrive, pubblica e fa tradurre in mezzo mondo dei bellissimi romanzi con me protagonista, arricchendosi così con lo sfruttamento del mio nome, della mia immagine e delle mie avventure”.

L’umorismo di Luciano - così come l’amore per i libri e per il prossimo - emerge da molti suoi scritti. È il caso - per esempio - del testo di questo suo intervento offerto nell’ambito di un convegno organizzato in una edizione del Festival della Letteratura di Mantova. Il tema è, per l’appunto, l’umorismo…

PER LUCIANO COMIDA…
Io ho la barba lunga e arruffata.
Ho la barba lunga e arruffata per molti motivi. Vi racconto quali: ho cominciato a farmela crescere appena mi sono spuntati sulla faccia i primi provvidenziali peli post-adolescenziali. Diventavo rosso in viso con imbarazzante facilità e la mia barbuzza mimetizzava la mia vergogna. Avevo (e ho tuttora) il viso grassottello e la barbuzza ingannava un po’. E poi c’era un’altra ragione: guadagnavo qualche mese in età e così, con la barbetta, aumentavano le mie possibilità di entrare al cinema dove si proiettava un film vietato ai minori di diciotto anni.
Adesso questi problemi li ho superati o perlomeno non costituiscono più un motivo di imbarazzo. E allora perché continuo ad avere la barba? Perché fa parte di me e perché la mattina, quando mi sveglio, vado in bagno, mi guardo allo specchio, mi vedo con la barba tutta storta e spettinata e allora accade un miracolo: mi faccio ridere da solo. E cominciare la giornata ridendo di sé stessi, mi sembra sempre un buon inizio.
Freud scrisse: “L’umorismo non è rassegnato ma ribelle, rappresenta il trionfo non solo dell’io, ma anche del principio di piacere, che qui sa affermarsi contro le avversità delle circostanze reali”.
Credo perciò che il primo punto sia questo: per essere legittimati a ridere degli altri e dell’intero mondo, dobbiamo prima di tutto essere capaci di guardarci allo specchio, per sorridere oppure per sghignazzare di noi stessi, dei nostri difetti, del nostro modo di essere.
È decisivo, per le nostre singole vite, imparare a farlo.
Vorrei fare un paragone azzardato: il confronto tra il popolo ebraico e gli adolescenti.
Il popolo ebraico è stato perseguitato, disprezzato, massacrato, sterminato e diffamato per secoli e secoli. Eppure, gli ebrei hanno sempre trovato la forza e l’intelligenza di ridere, prima di tutto di sé stessi. La stessa Bibbia, a leggerla con attenzione, è ricca di humour. Vorrei ricordare solo un passo, tratto dalla Genesi, capitolo 18, versetti 22-32, quando Dio sta per annientare la città di Sodoma e Abramo interviene, contrattando con Dio.
Sentiamo le parole di Abramo: “Davvero tu vuoi distruggere insieme il colpevole e l’innocente ? Forse in quella città ci sono cinquanta innocenti. Davvero tu li vuoi far morire ? Perché invece non perdoni a quella città per amore di quei cinquanta ?”
Dio acconsente: se troverà quei cinquanta, Sodoma sarà salva.
Ma Abramo insiste. Proprio come se fosse in un mercato levantino ad abbassare il prezzo del peperoncino: “Ecco, io oso parlare al Signore anche se sono soltanto un povero mortale. Può darsi che invece di cinquanta ve ne siano cinque di meno. E tu, per cinque di meno, distruggeresti tutta la città ?”
Ancora una volta, Dio accetta.
E ancora una volta, Abramo torna alla carica: “Può darsi che ve ne siano solo quaranta”.
Dio risponde: “Io non la distruggerò per amore di quei quaranta”.
Non citerò tutto l’episodio, ma Abramo va ancora avanti, sempre al ribasso: trenta, poi venti, infine dieci innocenti.
Rispettosamente dice a Dio: “Non offenderti, mio Signore… Insisto ancora, Signore… Non adirarti, Signore”. Rispettosamente, molto rispettosamente; ma intanto tira la corda.
Un po’ come fanno gli adolescenti con papà o mamma.
Questo è solo un esempio, ma se ne potrebbero raccontare decine e decine, di passi umoristici della Bibbia.
E anche solo un’antologia di libri e di film sull’umorismo ebraico occuperebbe intere biblioteche e cineteche.
Forse, il popolo ebraico è riuscito a sopravvivere alla sua tragica storia grazie anche al proprio senso del comico, alla propria ironia ed autoironia.
Vi è però un altro gruppo di persone che vivono da secoli e secoli una condizione difficile. Un gruppo di persone che bene o male sopravvive, ma che in genere non possiede né ironia né autoironia. Questo gruppo di persone sono gli adolescenti.
Anni fa, venne fatta a un vasto campione di ragazzini e ragazzine italiane una domanda: “quando ti guardi allo specchio, cosa vedi ?”
La maggioranza degli adolescenti dette una risposta che ci deve far riflettere a lungo e profondamente. Risposero: “vedo un mostro”.
Ora, c’è un antidoto prezioso contro la vergogna di sé.
Questo antidoto, lo avrete intuito, è l’umorismo, è l’autoironia. È il riuscire a guardare me e le mie confusioni con uno sguardo il più possibile esterno. E questo sguardo è impietoso, questo sguardo ride di me e delle mie contraddizioni, questo sguardo mi salva.
È un antidoto prezioso, un talismano che, se non mi garantisce da solo la felicità, almeno contribuisce, insieme a tante altre cose, a illuminarmi l’esistenza.
Ma di solito gli adolescenti questo talismano non l’hanno ancora trovato. E forse addirittura ignorano che esista.
Come aiutarli ad entrarne in possesso ?”

È così che vorrei ricordare Luciano Comida. Mettendo in luce il suo amore per i libri, l’apertura verso gli altri. Il suo umorismo.
Chiedo a voi, che lo avete incontrato anche solo sulle pagine di questo blog, di lasciargli un saluto. Mi piacerebbe, anche, che - nel tempo - questo spazio si traducesse nella fase iniziale di un progetto finalizzato alla valorizzazione delle opere di Luciano. In tal senso chiedo l’aiuto di tutti coloro che lo hanno conosciuto (o che lo conosceranno in seguito, attraverso i suoi scritti): gli amici, i lettori, gli scrittori, i critici letterari e i giornalisti culturali; nonché gli enti locali e le istituzioni culturali di Trieste (la sua città).

Uno scrittore non morirà, fino a che i suoi testi continueranno a essere letti.

Ciao, Luciano. Ciao, amico caro.

Massimo Maugeri


Tags: luciano comida

Scritto domenica, 22 maggio 2011 alle 11:46 pm nella categoria MICHELE CRISMANI SECONDO IL MONDO (di Luciano Comida). Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.


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