“La Strage di via dei Georgofili
La strage di via dei Georgofili è stato un attentato dinamitardo avvenuto nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 tramite l’esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi. L’esplosione dell’autobomba imbottita con circa 250 chilogrammi di esplosivo provocò l’uccisione di cinque persone: i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (36 anni) con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni), nonché il ferimento di una quarantina di persone. Tale attentato viene inquadrato nella scia degli altri attentati del ’92-’93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Falcone e Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico.
Storia
Nell’aprile 1993 Gioacchino Calabrò (capo della Famiglia di Castellammare del Golfo) incaricò Vincenzo Ferro (figlio di Giuseppe, capo della Famiglia di Alcamo) di portarsi a Prato dallo zio Antonino Messana, fratello della madre, per chiedergli di mettere a disposizione un garage per alcune persone che sarebbero arrivate dalla Sicilia ma inizialmente Messana rifiutò. Per queste ragioni, Calabrò si fece accompagnare a Prato da Ferro insieme a Giorgio Pizzo (mafioso di Brancaccio) e convinse Messana con le minacce. A metà maggio, alcuni mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano) macinarono e confezionarono quattro pacchi di esplosivo in una casa fatiscente a Corso dei Mille, messa a disposizione da Antonino Mangano (capo della Famiglia di Roccella).
Il 23 maggio Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano si portarono a Prato e vennero ospitati nell’appartamento di Messana, sotto la supervisione di Ferro, che li accompagnò con la sua auto nel centro di Firenze per effettuare alcuni sopralluoghi. Nei giorni successivi, i quattro pacchi di esplosivo nascosti in un doppiofondo ricavato nel camion di Pietro Carra (autotrasportatore che gravitava negli ambienti mafiosi di Brancaccio) vennero trasportati a Galciana, frazione di Prato, dove vennero prelevati da Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza, accompagnati sempre da Ferro con la sua auto, e scaricati nel garage di Messana.
La sera del 26 maggio Giuliano e Spatuzza rubarono una Fiat Fiorino e la portarono nel garage, dove provvidero a sistemare l’esplosivo all’interno di essa ed, in seguito, Giuliano e Lo Nigro andarono a parcheggiare l’autobomba in via dei Georgofili e procurarono l’esplosione, che provocò il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, nella quale rimasero uccisi Fabrizio Nencioni, ispettore dei vigili urbani, e la moglie Angela Fiume, custode dell’Accademia, insieme alle loro figlie Nadia (nove anni) e Caterina (due mesi di vita), che abitavano al terzo piano della Torre. Nelle abitazioni circostanti si propagò un incendio, che uccise anche lo studente universitario Dario Capolicchio (ventidue anni).
L’attentato danneggiò gravemente anche alcuni ambienti della Galleria degli Uffizi e del Corridoio Vasariano, che si trovavano nei pressi di via dei Georgofili: il 25% delle opere d’arte presenti fu danneggiato mentre i capolavori più importanti furono protetti dai vetri di protezione che attutirono l’urto; alcuni dipinti andarono invece perduti per sempre:
Il Concerto musicale di Bartolomeo Manfredi.
Giocatori di Carte di Bartolomeo Manfredi.
L’adorazione dei Pastori di Gerrit van Honthorst.
Aquila di Bartolomeo Bimbi.
Avvoltoi, gufi e beccaccia di Andrea Scacciati.
Scena di caccia di Francis Grant.
Grande cervo in una palude di Edwin Landseer[5].
Indagini e processi
Le indagini ricostruirono l’esecuzione della strage di via dei Georgofili in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pietro Carra, Vincenzo e Giuseppe Ferro, Salvatore Grigoli, Antonio Calvaruso, Pietro Romeo e Vincenzo Sinacori: nel 1998 Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano, Giorgio Pizzo, Gioacchino Calabrò, Vincenzo Ferro, Pietro Carra e Antonino Mangano vennero riconosciuti come esecutori materiali della strage nella sentenza per le stragi del 1993.
Nel 2008 Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia e confermò le sue responsabilità nell’attentato di via dei Georgofili: in particolare, Spatuzza dichiarò che la strage venne pianificata durante una riunione in cui erano presenti lui, Barranca e Giuliano insieme ai boss Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro e Francesco Tagliavia (capo della Famiglia di Corso dei Mille), i quali decisero l’obiettivo da colpire attraverso dépliant turistici; inoltre Tagliavia finanziò anche la “trasferta” a Firenze per compiere l’attentato. In seguito alle dichiarazioni di Spatuzza, nel 2011 la Corte d’assise di Firenze condannò Tagliavia all’ergastolo.
Sempre sulla base delle dichiarazioni di Spatuzza, nel 2012 la Procura di Firenze dispose l’arresto del pescatore Cosimo D’Amato, cugino di Cosimo Lo Nigro, il quale era accusato di aver fornito l’esplosivo, estratto da residuati bellici recuperati in mare, che venne utilizzato in tutti gli attentati del ’92-’93, compresa la strage di via dei Georgofili. Nel 2013 D’Amato venne condannato all’ergastolo con il rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare di Firenze.”.
da Wikipedia