Scritto da Erica Gasaro
Intervista a Giovanni DI Iacovo autore di Tutti i poveri devono morire (Castelvecchi, 2010)
“Il mio sogno è un mondo libero dalla fame, dallo sfruttamento e dalle guerre, perché le uniche uniformi che ci piacciono sono quelle in Latex.”
Come sei diventato lo scrittore Giovanni di Iacovo?
Ho iniziato da ragazzino quando, passando molto tempo da solo, scrivevo le storie di Giulia, la mia sorella immaginaria. Ora passo almeno tre ore al giorno a scrivere, sono diventato scrittore il giorno in cui la scrittura è passata dall’essere un’amante occasionale all’essere una stabile compagna della mia realtà, da quando ho un pubblico sparpagliato in tutta Italia e non solo nel mio microcosmo e, soprattutto, in queste occasioni: quando mi chiedono “che fai nella vita”, e io, invece che dire “insegno all’università” dico innanzitutto “scrivo romanzi”. Anche se poi ogni volta mi rispondono: “Io invece amo il decoupage, ma di lavoro che fai?”.
Il tuo ultimo libro Tutti i poveri devono morire è costruito su più piani di linguaggio, com'è nato? Come è stato assemblato?
Mesi di ricerche sui vari temi che mi hanno spinto verso questo romanzo, le teorie cospirazioniste, l’infanzia dei serial killer, le antiche società di assassini, le più bizzarre società segrete e poi tocca alla creazione di personaggi, scenari e situazioni in cui si sviluppa quella che definirei una commedia nera sul tema del lavoro, del sesso e del potere. E pensare che le parti che fanno più ridere le ho scritte mentre ero in ospedale. Scrittura taumaturgica o mi hanno messo il Tavor nel pollo lesso?
Quanto conta l'esperienza del reading – oggi – nella promozione di un libro e non solo?
Per me molto. Sono reduce da un tour in 32 città italiane dove ho tenuto reading e performance in cui ho cercato di coinvolgere il pubblico nella carne viva del racconto, invece che la solita intervistina con lo scrittore che si sente superiore a tutti. A prendersi troppo sul serio si finisce a pollo e Tavor. Io dico “assaggiate questo libro”, invece che “ammirate quanto sono cool”, e questo ha fatto si che ad ogni presentazione venissero vendute moltissime copie. E in più mi diverto da pazzi.
Com'è vivere da scrittore in quest'Italia?
Frustrante. Ma per fortuna l’Italia ha tanti aeroporti tramite i quali andare fuori ad abbeverarsi di nuove culture e linguaggi. Ad ossigenarsi il cervello, a bere con gli occhi la caleidoscopica ricchezza di un mondo che non è solo Maria De Filippi. Ma, per me, è poi bello anche tornare a casa e mettere a frutto ciò di cui ci si è nutriti fuori. Magari scrivendo un bel romanzo.
E' in arrivo un altro libro, cosa dobbiamo aspettarci?
Il prologo è sul mio Facebook, ma per il resto c’è tempo. Per ora leggetevi “Tutti i poveri devono morire”, o finirete a pollo e Tavor!
Il Libro
Tutti i poveri devono morire
Un titolo che rimane impresso a chiare lettere nella mente, accompagnato da un’immagine che ha il sapore accattivante della provocazione, tanto da meritare una prima riflessione. Ad uno sguardo distratto - di quelli che “il treno parte tra 10 minuti e non ho niente da leggere” - il tomo potrebbe non sembrare neanche un romanzo, se non fosse per la dicitura che fa bella vista di sé sul cartone del clochard. Vi chiederete di cosa si tratta e avrete così già il volume tra le mani. A questo
punto è fatta, la curiosità avrà in molti casi la meglio, e se siete dei lettori stachanovisti, divorerete il romanzo in mezza giornata, più o meno il tempo di percorrenza Roma - Reggio Calabria, esclusi ritardi. Pagina dopo pagina, il banale e necessario desiderio di sapere “come andrà a finire” non vi abbandonerà.
Quello a cui andrete incontro immergendovi nella lettura è un mondo abitato da personaggi freddi e sadici, perversi e ipnotici, dai tratti tarantiniani e chiaramente sadiani. Sono i membri del Cenacolo degli Assassini, una setta di potenti e ricchi capricciosi che uccidono per puro Piacere chiunque gli capiti a tiro attenendosi ad una sola regola: la preda prescelta deve avere un reddito inferiore a quello del carnefice, pena la tomba. Per far sì che tutti possano godere di tali piaceri perversi e lussuriosi, si deciderà, durante la Convention annuale del gruppo, di eliminare definitivamente la povertà, perpetrando la morte come “sola igiene del mondo”. Il romanzo, difficile da ricondurre a un solo genere, ha in sé i germi dalla letteratura noir, pulp e fantascientifica. L’autore non ci risparmia incursioni nella realtà storica contemporanea, dando al tutto un taglio da pagina di cronaca, ovviamente, nera.
La narrazione, fitta di colpi di scena e di colpi allo stomaco, è intessuta in un linguaggio nuovo e fuori dall’ordinario, che gioca un ruolo importante nella definizione dei singoli protagonisti. Il colore che fa da sfondo è il bianco puro, abbondantemente macchiato di rosso. La Regina della storia, di bianco vestita in occasione della sua missione catartica, si accompagna al suo fedele compagno Eros, che si insinua mostrando la parte di sé meno nobile e più nascosta.
Lettura consigliata a quanti non hanno paura di abbandonarsi ad un innocuo gusto del perverso. A seconda delle vostre inclinazioni: cinica rappresentazione della società odierna o puro divertissement dai connotati pulp e non solo.
Castelvecchi - pp. gg.156 - euro 14.00 - 2010
Nota sull'autore:
Giovanni Di Iacovo (Londra, 1978) ha esordito con il volume Sporco al Sole-Racconti del Sud Estremo (Besa) poi con 11 Under 30 (Castelvecchi) passando per il romanzo Sushi Bar Sarajevo (Palomar) poi il volume di “cover” di fiabe famose in versione pulp dal titoloE morirono tutti felici e contenti (Neo Edizioni) fino al suo ultimo lavoro Tutti i poveri devono morire (Castelvecchi).
Esperto di culture borderline e instancabile esploratore dei luoghi e delle realtà più bizzarre del globo, è stato il vincitore della sezione letteratura della Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo - Sarajevo, 2001) è direttore del Festival delle Letterature dell’adriatico. Suoi racconti sono stati messi in scena nello spettacolo Viaggio nelle Metropolis insieme a Stefano Benni, David Riondinoe Roberto “Freak” Antoni.”.