di Paolo Cardenà-
In primo luogo, non sembra essere stato proposto da nessuno alcun piano credibile per l'uscita dalla moneta unica, se non in termini propagandistici. E, ammesso che ciò sia stato fatto, manca del tutto una volontà politica all'uopo indispensabile. Volontà che, ammesso che possa esserci in futuro, andrebbe comunque sostenuta da altrettanta lungimiranza e pragmatismo da parte dei nostri politici, che saranno comunque chiamati ad assumersi la responsabilità politica (e non solo) di un evento simile.
E' evidente che l'Italia, non potendo contare su nulla del genere per manifesta incapacità dei politici nostrani, perfetti interpreti della peggior classe politica planetaria della storia umana, è del tutto irreale potersi attendere nel breve termine l'emersione di uno statista con attributi e levatura tale da poter favorire una transizione in tal senso. Ciò detto, è del tutto remoto che l'Italia, per propria scelta, possa abbandonare l'euro; a meno che non sia l'euro a lasciare prima l'Italia. Il che non sarebbe una eventualità del tutto remota. Ne deriva che risulta del tutto insignificante dibattere sull'uscita dell'Italia dalla moneta unica. Ma nel frattempo, le condizioni economiche del paese sembrano quanto mai procedere sempre più speditamente verso il dissesto totale per effetto si, di un ciclo economico negativo, ma anche e soprattutto per la violenza delle politiche di austerità introdotte finalizzate ad ottenere il pareggio di bilancio nel 2013. Che fare, quindi? Sul marcato dei titoli di stato si sta godendo di un vigoroso ripiegamento dei rendimenti e quindi anche degli oneri per gli interessi. Questo, osando un cauto ottimismo, induce a pensare che sembrano attenuate le pressioni dei mesi scorsi. Ciò perché, al contrario di quanto affermato da Monti secondo cui il ripiegamento dello spread sarebbe dovuto alla sua azione di governo, la BCE, in caso di richiesta di aiuti da parte degli Stati bisognosi, si è dichiarata disponibile ad acquistare titoli di stato sul mercato secondario con scadenza fino a tre anni. E' del tutto verosimile che, nei prossimi giorni o nelle prossime settimane, la Spagna ufficializzerà la richiesta di aiuti e verrà posta "sotto tutela". Ciò, con ragionevole certezza, contribuirà ulteriormente al ripiegamento degli spread e quindi dei rendimenti dei titoli di stato. Sul fronte ellenico, benché le trattative in corso tra il governo greco e la Troika sembrano aver subito uno stallo a causa del possibile sfaldamento della maggioranza pro-europeista, contraria ai tagli 13 miliardi di spesa e finalizzati all'ottenimento della tranche di aiuti da 31 miliardi, arrivati a questo punto, non sarebbe comunque infondato attendersi una soluzione di compromesso (l'ennesimo) per salvare (si fa per dire) la Grecia. A questo punto e prima che sia troppo tardi Monti, forte della credibilità internazionale di cui gode, tenuto conto che l'Italia è l'unico paese che ha posto come obiettivo il 2013 per realizzare il pareggio di bilancio, nonché del peso che ha l'Italia nel contesto europeo e delle manovre varate dal Governo che (a loro dire) ha posto l'Italia sul cammino del risanamento fiscale, dovrebbe negoziare con la Ue e con i partner europei un percorso di rientro dai deficit meno veloce e stringente di quanto previsto. In questo modo si guadagnerebbe tempo prezioso per poter implementare con più incisività riforme mancanti, e la correzione dei conti con manovre meno recessive di quanto altrimenti necessario. In questo, eventualmente, potrebbe ottenere anche il sostegno della Merkel che, da qualche mese (magari avrà ricevuto qualche telefonata da oltre oceano con la quale sarà stata avvertita dell'apocalisse che sta bussando alla porta) sembra aver mitigato la posizione del rigore assoluto e a qualunque prezzo. Giova ricordare che l'ammorbidimento della cancelliera, impensabile fino a poco tempo fa, ha consentito a Draghi di abbattere il totem secondo cui BCE non avrebbe potuto acquistare titoli del debito pubblico, poiché non espressamente previsto nello statuto dell'istituto di Francoforte. E' evidente che la posizione di discontinuità assunta da Draghi rispetto ai suoi predecessori, è stata possibile grazie all'azione diplomatica dello stesso Presidente e al sostegno ricevuto dalla Merkel. Se Monti riuscisse nell'intento di convincere i partner europei nella necessità di allentare la morsa fiscale e dare respiro all'economia italiana, magari promuovendo con maggior incisività anche riforme finalizzate alla crescita, ciò potrebbe essere ben accolto anche dai mercati che, a quel punto, potrebbero essere "tranquillizzati" anche dagli stimoli finalizzati alla crescita. Allo stesso tempo sarebbero scoraggiati a infliggere punizioni all'Italia, stando la possibilità della BCE di poter intervenire a sostegno dei titoli di stato. Ma questo, ovvero l'allentamento delle politiche di risanamento, è proprio quello che la Germani ha combattuto in questi anni.