...il morbo deflazionistico appartiene a quel genere di tumori che si autoalimentano senza dare manifestazioni clamorose fino a quando esplodono in tutta la loro potenza distruttiva... (di Massimo Riva - l'Espresso)
Abituati nei decenni della lira a leggere nella continua scalata dei prezzi il sintomo peggiore della febbre domestica, molti italiani stentano ancora a comprendere quali conseguenze rovinose possa avere un'inflazione prossima allo zero o addirittura negativa. Un sentimento consimile è però diffuso un po' dappertutto in Europa, segnatamente in una Germania tuttora ossessionata dalla paranoica memoria dei disastri di Weimar. Cosicché oggi che il temuto spettro della deflazione è diventato una realtà palese in Italia e in larga parte dell'Unione sia le opinioni pubbliche sia i governi nazionali e le istituzioni comunitarie non danno grandi segni di consapevolezza dei pericoli incombenti.
Le fasi di caduta dei prezzi, infatti, comportano effetti depressivi potenti e talora più difficilmente gestibili dei processi di inflazione galoppante. In particolare, perché ne vengono colpiti i due principali fattori di sostegno delle attività economiche. Intanto, i consumi: chi voglia acquistare un qualunque bene è naturalmente sospinto a rinviare la spesa in attesa di poterla realizzare più a buon mercato. E in parallelo gli investimenti: giacché chi potrebbe effettuarne è doppiamente scoraggiato dalla frenata della domanda e dal timore di vedere i suoi margini di guadagno azzerati dalla progressiva caduta dei realizzi.
L'ASPETTO PIÙ INSIDIOSO di questa rincorsa fra minori consumi e minori investimenti è che essa innesca una spirale regressiva su tempi lenti e lunghi. Al contrario delle fiammate inflazionistiche che generano immediato allarme politico e sociale, il morbo deflazionistico appartiene a quel genere di tumori che si autoalimentano senza dare manifestazioni clamorose fino a quando esplodono in tutta la loro potenza distruttiva.
Un'istituzione europea particolarmente sotto pressione su questo punto è la Bce. Il cui presidente, Mario Draghi, ha detto di essere pronto a fare tutto il necessario per riportare il tasso d'inflazione a sfiorare almeno il fatidico tetto del due per cento. La cosa più probabile è che intenda farlo con nuove massicce iniezioni di liquidità verso il sistema bancario. Meglio che niente, s'intende. Ma basterà? E se le banche poi continueranno a impegnare quei soldi nell'acquisto di titoli di Stato? Sì, forse, potrà rallegrarsene qualche contabile di casse erariali. Ma gli effetti sulle dinamiche dei prezzi, quindi su consumi e investimenti, rischiano di essere marginali ovvero imbelli contro la deflazione.
QUEL CHE SERVE OGGI all'economia europea è una svolta radicale di strategia mirata a perseguire la sostenibilità delle finanze pubbliche attraverso il rilancio di consumi e investimenti. Ecco, semmai, un terreno decisivo su cui operare quelle "cessioni di sovranità" che lo stesso Draghi sollecita per consolidare l'unione monetaria. Ci vuole altro che negoziare flessibilità e "sconti" di qualche decimale sui parametri scolpiti nella pietra dei trattati europei, ben altro anche dei 300 miliardi vagheggiati da Jean-Claude Juncker per ingraziarsi la nomina a presidente della Commissione di Bruxelles. Di mezze misure si può solo morire più lentamente.
La deflazione reclama terapie urgenti e prepotenti che superino le logiche meschine da bilancini dei farmacisti con cui si è continuato ad operare fino ad oggi. Occorre, insomma, impegnare al più presto le ben maggiori risorse disponibili nei forzieri delle istituzioni europee, banca centrale compresa, per interventi concentrati sull'economia reale attraverso un robusto piano di investimenti comunitari che faccia da volano per la mobilitazione anche di capitali privati.
Ma qui siamo anche al nodo cruciale delle attuali difficoltà. Si rassegnino gli ottusi fautori del rigore contabile a qualunque prezzo: la loro cura della lesina è servita solo a far peggiorare le condizioni del paziente e a rendere tardive e inutilmente più costose le medicine. Un'efficace azione di rilancio dell'economia continentale postula, quindi, il rapido abbandono della politica seguita finora ai vertici dell'Unione.
Massimo Riva
1908/0630/1600