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In realtà la mia opinione l’ho già manifestata altre volte, però vorrei essere più preciso. Non voterò, ma vado in bestia se mi si dice che questa è antipolitica. Antipolitica è non riuscire, in cinque anni, a cambiare una legge elettorale vergognosa che toglie al cittadino la possibilità di votare il candidato che l’elettore reputa più idoneo a rappresentarne interessi e passioni. E ancor di più mi fanno perdere le staffe quelli che arrampicandosi sugli specchi se ne escono una motivazione vecchia di venti anni: dare il colpo di grazia a Berlusconi.
Si può cambiare disco o dobbiamo ancora farci dettare l’agenda da un personaggio screditato in tutto il mondo, che non gode di alcuna credibilità neppure tra i suoi stessi sostenitori e che è stato quasi costretto a ricandidarsi per non fare scomparire un’area politica allo sbando da due anni?
Vorrei sommessamente ricordare che i cittadini, la loro parte, l’hanno fatta per ben due volte mandando a Palazzo Chigi Romano Prodi: non è colpa loro se una volta al governo il centrosinistra non ha fatto una legge sul conflitto d’interessi che sarebbe stata una conquista di civiltà per il Paese e ha preferito invece dedicarsi all’autolesionismo più sfrenato e inspiegabile. O peggio all’inciucio: se penso al “patto della crostata” di casa Letta non ne mangio per il resto dei miei giorni.
Ora, mi sembra giunga fuori tempo massimo l’appello a serrare i ranghi. Anche perché, fino a qualche settimana fa, non era nemmeno ben chiaro lo scenario e poco decoroso il tentativo di equilibrismo del Pd stretto tra l’alleanza con Vendola e l’occhiolino strizzato a Monti.
La mia convinzione è che il leader del Pdl sia giunto al capolinea. Però ha fatto tutto da solo, i suoi avversari non ne hanno alcun merito. A questa considerazione si aggiunge quella pragmatica sull’inutilità del mio voto. Non “nel” voto in generale, me ne guarderei bene: libertà, democrazia e voto sono le più grandi conquiste dell’antifascismo. Cerco di spiegarmi meglio: alla Camera è praticamente certa la vittoria della coalizione di centrosinistra, che conquisterà quindi il premio di maggioranza e non avrà difficoltà di sorta. I problemi potrebbero sorgere al Senato, dato che la legge elettorale “stranamente” (perché mai si dovrebbero fare le cose semplici in Italia?) assegna il premio su base regionale, non nazionale. Per cui potrebbe verificarsi l’ipotesi che in quel ramo del Parlamento la coalizione vincente non riesca ad avere la maggioranza (soluzione per la quale tifano sia Monti che Berlusconi).
La partita vera, quindi, si gioca in quelle regioni che esprimono un elevato numero di senatori. Insomma, se risiedessi in Sicilia o in Lombardia (che vengono date come le regioni in bilico e decisive per l’elevato numero di senatori che esprimono) probabilmente andrei a votare, ma farlo qua non è proprio un esercizio inutile. Non condanno chi va a votare e non chiedo che altri seguano il mio esempio, che è quanto di più sofferto mi sia mai toccato fare da un punto di vista civico. Ma il ditino puntato contro l’antipolitica no, non l’accetto.
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