Per Silvio siamo “coglioni”, per Grillo “l'Italia peggiore”. In fondo noi siamo solo bravi ragazzi.

Creato il 29 maggio 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Onestamente. Ci siamo rotti le palle di essere offesi a ogni alzata di palpebra. Siamo arrivati al punto di “chi non sta con me, sta contro di me”, e giù vaffa e insulti. Sarà pur vero che siamo un popolo eufemisticamente strano, ma insomma, santiddio, un po' di rispetto. O no? Prima arriva Silvio che ci dice “Chi non vota Pdl è un coglione”. Poi, tanto per rendere chiara l'idea dell'uomo solo al comando, arriva Beppe Grillo in stato di shock traumatico post-elettorale, e dice che chi ha votato per Ignazio Marino fa parte dell'Italia peggiore. Ora se non fosse che Marino si è candidato a Roma contro il suo partito (il prescelto della nomenklatura era David Sassoli), non ha votato la fiducia al governo LettaLetta, non ha votato per Giorgio Napolitano alla presidenza della repubblica ma per Stefano Rodotà, non fosse che la pensa proprio come i grillini sui beni pubblici, sui costi della politica e sulla moralizzazione, qualcuno potrebbe dirsi: “Oh madonna e che ho combinato?”, invece non ha combinato una mazza di niente, ha votato solo per il politico più pulito in circolazione. Cosa bisogna fare per piacere a Grillo non si sa, o forse sì: stracciare la tessera del partito, aderire al M5S, sentirsi ripetere continuamente “arrenditi sei un ex partitaro”, poi andare a piedi da Genova a Savona per liberarsi delle ultime tossine partitocratiche e infine, per essere accolto come il figliuol prodigo, traversare a nuoto tutto il mar Ligure (A/R come le raccomandate). Non sapendo come giustificare una batosta senza se e senza ma, Beppe si è reso conto che forse con i media si devrà comportare diversamente. E infatti scrive sulla Literaturnaja Gazeta: “Non posso dare la colpa del nostro risultato alla stampa o ai talk-show, alla fin fine non incidono poi così tanto, la colpa è degli italiani che hanno continuato a votare per i partiti. E gli italiani che votano per i partiti, sono gli italiani peggiori”. Così parlò Zarathustra, con tanto di arrangiamento di Eumir Deodato per Oltre il giardino. Ma a parte queste amenità, c'è un fatto che colpisce e che denota la santa ingenuità dei ragazzi del Movimento approdati miracolosamente in Parlamento. In queste ore girano sul web tutte le proposte di legge presentate dai grillini nelle commissioni parlamentari. Le ragioni sono fondamentalmente due. La prima è che vogliono dimostrare che non stanno rubando lo stipendio discutendo di scontrini, ma lavorano. La seconda riguarda la coerenza delle proposte presentate con il programma elettorale proposto ai cittadini durante lo Tsunami Tour. Le abbiamo lette, e dobbiamo ammettere che sono tutte proposte che sottoscriveremmo senza nessuna difficoltà. I dubbi, invece, ci vengono sulla loro reale percorribilità. Come si sa, le leggi oltre che proporle, bisogna farle approvare. In democrazia, perfetta o imperfetta che sia, per approvare una legge occorre una maggioranza, i grillini dovrebbero saperlo visto che il Parlamento italiano, a maggioranza, ha stabilito che Ruby era la nipote di Mubarak. Dicendo no a tutti e mandando tutti a fanculo, chi mai potrebbe votare una proposta di legge del M5S? Oltre che entrare a far parte del mondo dei sogni, dove mai potrebbe trovare posto una legge presentata e mai approvata? Facciamo un esempio, il reddito di cittadinanza. Ho promesso in campagna elettorale ai miei elettori di introdurlo. Presento il progetto di legge e nessuno lo vota non perché ci sia qualcuno contrario, ma solo perché non sono riuscito a trovare le giuste alleanze per l'aura di santità con la quale ho deciso di illuminarmi. Con chi se la prenderebbero gli elettori, con quelli che non l'hanno votata o con me che non sono riuscito a creare le condizioni perché passasse? E a meno che l'Italia peggiore non sia anche la più deficiente, la risposta dovrebbe essere scontata. Tira aria di fronda, nel Movimento. Stavolta lo Tsunami ci sarà davvero, ma dentro la Baia Placida del mare di Genova.  

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