Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua
Il direttore del quotidiano libanese As Safir, Talal Salman, vede in Bashar al-Assad la figura politica che “guiderà la Siria sulla terra della salvezza”. Salman parla chiaro: “Soltanto con le prossime elezioni legislative e presidenziali si capirà veramente quale potrà essere il futuro del popolo siriano”. Prima di quella data l’unica certezza resta Assad con il suo governo. Dunque i colloqui di Ginevra, secondo Talal Salman, saranno fondamentali ma non sufficienti.
In Occidente si ha la percezione di una Siria divisa, e in realtà l’affermazione è vera ma solo in parte. Quasi l’85% del popolo siriano vive sotto l’egida del potere di Damasco. Per qualcuno vivere sotto l’ala protettrice del regime di Assad significa “ricevere sostegno e poter guardare al domani”. La guerra, iniziata nel marzo del 2011 in Siria, ha spazzato via ogni certezza e per qualcuno le istituzioni restano l’ultimo baluardo di qualcosa che si erge nel deserto. “Chi vive al di fuori del controllo del governo di Damasco” spiega la gente, “finisce preda dei gruppi del terrore. L’Isis e al-Nusra non hanno pietà di nessuno. Sono la scure che si abbatte sui diritti umani”. Chi appoggia il regime di Assad sostiene in verità chi si pone d’ostacolo ai terroristi islamici. La coalizione di Siria, Russia, Libano e Iran ha ripetutamente colpito i gruppi del terrore. “Quando perviene la notizia di un colpo assestato allo Stato islamico” racconta un uomo, “per noi è una vittoria dal valore inestimabile”.
Chi arriva dalla Turchia è guardato con sospetto dai siriani. La Turchia ha sbarrato i cancelli al confine. Ora i profughi siriani non possono più raggiungere Kilis, e il futuro della Siria ormai è in bilico fra i colloqui di pace di Ginevra e chi appoggia ancora il governo di Assad. Qualcuno è scettico di fronte alla richiesta avanzata da Ankara nel vertice di ieri con l’Unione europea. “Chi può confermare che i 3 miliardi di euro chiesti dalla Turchia saranno realmente investiti per gestire al meglio la questione dei migranti?”. E’ una domanda che torna spesso in queste ore. Il dubbio è forte per chi vive ormai da cinque anni in guerra. “E se andassero ai gruppi del terrore?”. In Siria i sospetti sul governo di Erdogan restano forti.
Nella riconquista della città siriana di Khanasir molti alleati del governo di Damasco hanno riconosciuto un duro colpo allo Stato islamico. I successi contro l’Isis vengono sempre festeggiati da chi spera che – ogni negoziato o scelta del potere costituito – operi per dare un futuro alla Siria. Ma come dice Talal Salman, direttore del quotidiano libanese As SAfir: “i colloqui di Ginevra non basteranno, se non si darà nuova fiducia al governo di Bashar al-Assad”. E intanto il Centro di coordinamento per la riconciliazione siriana ha già “siglato” accordi di cessate-il-fuoco in 42 località della Siria. E lo stesso sta facendo la Russia di Putin, che da Latakia continua a operare affinché sia preservata la pace. L’Occidente sta agendo con la dovuta consapevolezza al pari delle Nazioni Unite, che si stanno attualmente occupando di recapitare gli approvvigionamenti nelle città siriane segnate dalla guerra.
Il futuro della Siria – che seguirà all’attuale fase della tregua – sarà un sistema di più fattori. I colloqui di Ginevra dovranno fare da basamento per dare solidità alle iniziative che prenderanno forma. E così pure dovranno ricevere ulteriore sostegno le strategie volte a frenare l’avanzata dello Stato islamico. Ma resta ugualmente l’incognita del futuro di Assad. Bisognerà attendere le prossime elezioni presidenziali? Oppure Bashar al-Assad avrà il compito di traghettare la Siria verso la salvezza? L’Occidente, il Medio Oriente e la Siria stessa non si pronunciano ancora. Troppe restano ancora le incognite e troppi rimangono i timori.
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