"Un farmaco che sconfigge il cancro" è un titolo che fa vendere i giornali, ma poco deontologico. L'informazione medica, invece, deve essere data con precisione e prudenza, proprio per non rischiare di creare allarmismo o alimentare false speranze. A denunciare la tendenza dei giornalisti a male interpretare e mal riportare i risultati di alcune ricerche sono Lisa Schwarz e Steven Woloshin delCenter for Medicine and the Media del Dartmouht Institute for Health Policy and Clinical Practice (New Hampshire, Usa) con un articolo su Journal of National Cancer Institute (Jnci). "La distorsione delle notizie di medicina nei media è una questione seria che ha vari 'perché': dall'incompetenza dei giornalisti in determinate discipline, alla loro tendenza all'eccessiva semplificazione, alla scelta di chi scrive i titoli, 'di richiamo' ma fuorvianti", spiega Lisa Schwarz. La ricercatrice però non risparmia neanche i suoi colleghi: "Gli scienziati e le istituzioni presso cui lavorano hanno tutto l'interesse a essere nominati dai media; dovrebbero invece essere sempre onesti sulla forza e sulle limitazioni dei loro studi".
La televisione, secondo la ricercatrice, è il mezzo di comunicazione in questo senso 'meno serio', ma molta preoccupazione desta anche Internet, dove le informazioni spesso non sono sottoposte agli stessi controlli dei giornali. Entrambi i media raggiungono un gran numero di persone e amplificano l'impatto che questa cattiva informazione ha sulla vita di tutti i giorni. "Le persone che ricevono notizie così distorte possono avere due tipi di reazione: alcuni cambiano stile di vita in maniera inutile se non dannosa a causa di informazioni non corrette, altri assumono un comportamento cinico, perché la scienza e la medicina sembrano affermare oggi una cosa e domani l'esatto opposto", continua la Schwarz. Ma quale può essere una soluzione? La ricercatrice ha consigli per tutti. "L'obiettivo degli scienziati dovrebbe essere quello di fornire una spiegazione accurata di ciò che i loro risultati aggiungono a quanto già si conosce - spiega - e i giornalisti dovrebbero essere più scettici e informati: solo perché uno studio è pubblicato su una delle maggiori riviste del settore, non necessariamente è valido o vale la pena parlarne, anche se questo vuol dire rinunciare a un articolo di sicuro impatto. Chi legge, infine, farebbe meglio a prestare maggiore attenzione e a cercare sempre i dati, senza farsi convincere da chiacchiere e titoloni".