Confesso che ne sono uscito con le idee un po' confuse e le ossa rotte. In effetti l'intenzione iniziale era quella di raccontare una parabola, un'odissea, un viaggio nella disperazione, nella ricerca, con l'immancabile redenzione finale. Perché?
In parte una risposta ce l'ho: la mia intenzione era di lasciare a futura memoria dei miei figli, una testimonianza positiva. Un viaggio nella depressione, la disperazione, lo sconforto, che si trasformasse poco per volta in un odissea alla ricerca di sé stessi, in una testimonianza, secondo la quale, dopo la tempesta, prima o poi, deve per forza tornare il sereno, che dopo l'inverno, il mondo germoglia nuovamente. Un modo per far capire di non cedere mai alla disperazione, una lezione che insegni loro che i brutti momenti passano, che ci vuole solo un po' di pazienza, costanza, buona volontà e ottimismo per riuscire a superare anche le prove più dure.
È vero, per ora siamo ancora nella fase della disperazione, della sfiducia, del pessimismo, della rabbia. Ma anche da tutto questo è possibile trarre una lezione, una comunanza di sentimenti, un sentirsi meno soli. Mi auguro che anche per me, prima o poi, arriverà di nuovo la primavera, che riuscirò ad approdare nuovamente a Itaca e allora ecco che il cerchio si chiuderà e forse anche questo blog, assolto il suo compito, morirà.
Ma perché esporsi al mondo in mutande? Perché ho voluto provare un mezzo più attuale del quaderno, perché il confronto con gli altri è importante, perché resistere alla tentazione di mandare a fare in culo chi posta un commento stupido e maleducato è come l'allenamento per i pugili, che si fanno picchiare per imparare a sopportare le botte, a ragionare comunque a mente fredda, a evitare di fare tante delle cazzate che ho fatto nella vita.
Perché pensavo che forse sarebbe stata anche un'opportunità economica.
Perché per uno come me, che ha sempre tenuto tutto dentro, è un modo di germogliare senza troppi pericoli, senza metterci la faccia. Può essere stupido, non lo nego, e può anche essere una forma di presunzione, anzi, è innegabile che esista una percentuale di narcisismo. Che male c'è?
Che poi vada a finire che racconto sempre le stesse cose, beh, onestamente non me ne importa molto. Questa non è una rubrica della settimana enigmistica, non è l'edipèo enciclopedico e, tanto meno, risate a denti stretti. Non scrivo per gli altri, scrivo per me, per i miei figli e per chi, se ne ha voglia, vuole leggermi. Non mi importa di collezionare migliaia di accessi. Non ho intenzione di diventare la rubrichetta di costume quotidiana, quindi è normale che la mia vita sia fatta di cose che spesso si ripetono, di rimpianti che è difficile scrollare via, di amici di una vita che ti deludono e non riesci a capacitarti che sia accaduto. Non sono Briatore, non faccio la bella vita in costa azzurra in mezzo a bella gente, non sono un ricercatore dalla brillante vita accademica o uno che conduca una vita sociale che gli permetta di raccontare sempre aneddoti brillanti. La mia vita è questa e si trascina tra casa, figli, spesa, amici, interessi semplici, che altro?
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