Oggi vogliamo tornare bambini, seppure con grande prudenza, addentrandoci in un bosco intricato e a tratti oscuro: quello delle fiabe.
Pur avendo due significati diversi, e diverse origini, i termini favola e fiaba sono divenuti nell’uso comune quasi sinonimi, anche se il primo pare aver relegato il secondo ad un racconto semplice e rivolto a bambini molto piccoli.
Tra le due narrazioni invece esistono non poche differenze:
La favola nasce con un’intenzione educativa, i suoi protagonisti sono animali e oggetti inanimati spesso antropomorfi; la chiosa è quasi sempre una morale esplicita che chiude la narrazione, spesso molto breve, congiungendosi, in una sorta di cerchio temporale, con l’inizio di cui rappresenta l’esatto rovescio.
La fiaba è un racconto di origine popolare il cui fine è il puro svago. Popolata da esseri fantastici (l’elemento fantastico è il principale discrimine tra i due generi) non presenta generalmente una morale esplicita (eccezion fatta per Perrault) né possiede la struttura circolare della favola; anzi, è una narrazione di accadimenti e avventure straordinarie che modificano radicalmente le vite dei protagonisti.
Pare quindi che la contrapposizione favola/fiaba possa riassumersi in “mantenere la situazione/sovvertire la situazione”. Questo spiega anche l’assenza della morale nelle fiabe: dove un elemento magico può sovvertire l’ordine naturale, non c’è morale che tenga.
Ora, la prima immagine che si presenta alla nostra mente, quando pensiamo a favole e fiabe, è una figura femminile, giovane o anziana che sia, che legge ad un piccolo. Questa immagine racchiude in sé una verità e una bugia. La verità è che i narratori all’origine, quando si trattava di racconti orali, erano quasi sempre donne; la bugia è che esse non si rivolgevano solo ai bambini. Le donne infatti, mentre svolgevano lavori manuali collettivi e spesso ripetitivi, erano solite raccontarsi storie che attingevano da episodi reali, abbellendole e trasfigurandole, ripetendo poi le storie che si passavano di bocca in bocca anche a figli e mariti. La ragione principale per cui, oggi, questo tipo di storie è ritenuta di interesse solo dei più piccoli è probabilmente dovuta ad un processo di edulcorazione andato di pari passo col cambiamento della sensibilità ad alcuni temi ritenuti poco adatti ai “minori”. Piuttosto che parlare al bambino di sesso e violenze, si è eliminato alla radice ogni riferimento. In questo processo si innesta la nascita dei film di animazione. Il motivo per cui Pelle d’asino di Perrault non è mai stato trasposto in un cartone animato di disneyana diffusione risiede- ci giurerei- nel tentativo di incesto da parte del re ai danni della bellissima figlia e anche nel fatto che l’asino che fornisce tanto oro allo stesso re lo produca da un orifizio poco esaltante e piuttosto intimo.
E che dire della celeberrima Sirenetta di Andersen? La bella delusa che vuol tornare al mare dovrebbe affondare un pugnale nel petto del principe e della sua novella sposa per bagnarsi i piedi nel loro sangue e riottenere la sua coda; rifiutandosi di farlo, muore e si trasforma in schiuma. Finale completamente diverso dalla festosa versione Disney del 1989.
Al contrario, Biancaneve dei Grimm, è arrivata capostipite sugli schermi nel 1937 discostandosi di poco dalla versione dei famosi fratelli, quel minimo necessario rispetto ad una versione a sua volta meno forte di quella popolarmente diffusa. E dire che i Grimm abbiano reso più leggero qualcosa è un eufemismo: vengono estromessi dal testo i riferimenti al desiderio cannibale della matrigna (che nelle prime versioni è addirittura la mamma) e all’innamoramento perverso del principe per una fanciulla non addormentata, ma morta e di soli 7 anni. Il decantato principe azzurro era dunque necrofilo e pedofilo? E già, facciamocene una ragione.
Nello spazio di 50 anni quindi si è fatto un salto grandissimo, dopo uno precedente già avvenuto, che certifica un discostamento dalle versioni popolari davvero di proporzioni eccezionali.
C’è da sottolineare che il cambiamento riguarda non soltanto il contenuto, ma anche la ricchezza della lingua: le favole odierne hanno come caratteristica l’uso di termini semplici, elementari fino ad arrivare all’impoverimento del testo. Quanti bambini sanno oggi cos’è un fuso? E forse dovremmo chiedere: quanti genitori saprebbero spiegarglielo? per questa ragione nella odierna versione della Bella Addormentata il fuso è stato sostituito dall’appena più familiare ago. Ma non basta: le fiabe per bambini in età prescolare sempre più spesso hanno come protagonisti degli animali parlanti e rappresentano episodi di vita quotidiana che forniscono un “insegnamento”, in questo apparentemente ritornando verso la “favola” esopica.
Come si vede, favole e fiabe sono narrazioni di grande densità ed impatto sui lettori/ascoltatori; in questo senso intendiamo il termine “serio”, come letteratura di spessore. Tant’è vero che con la stesura di fiabe si sono cimentati grandissimi scrittori, attingendo direttamente da fonti popolari.
Ma di questo parleremo in seguito.
Nel frattempo, il nostro consiglio è di tornare per un poco bambini e di affrontare il crudele mondo delle fiabe leggendone le versioni originali…se ne avete lo stomaco.