Chi mi conosce sa che non mi si può di certo qualificare come fervente patriottico. Il patriottismo va costantemente di pari passo con una retorica militare a me insopportabile, come se l'orgoglio di essere italiano debba per forza accendersi alla vista dei mezzi corazzati presentati in gran pompa durante le sfilate. Questo è l'orgoglio nazionale che piace ai fascistelli alla La Russa, è un celodurismo di mussoliniana memoria che sarebbe ridicolo, se non fosse per la scia di sangue che lascia dietro di sé.
Ma oggi è festa nazionale, e io festeggio.
Vagando per la rete vedo che in tanti si chiedono cosa ci sia da festeggiare. Senza arrivare agli estremismi anarchici e indipendentisti, che arrivano a listare a lutto le pagine Web, sono in molti a credere che questo improvviso spirito patriottico sia solo una reazione alla secessione leghista, ai loro insulti a Garibaldi e Cavour (salvo scoprirsi nazionalisti quando si parla di immigrati). Io rispondo semplicemente che da italiano quale mi sento, ancor prima che piemontese, credo che l'Italia - tutta, dal Trentino alla Sicilia - sia un paese meraviglioso. Lo è grazie alla natura, ai giganti che ci hanno preceduto, e lo è nonostante troppi ne attentino la bellezza. Ci sono gli approfittatori, che non guardano in faccia a niente e nessuno pur di ricevere un tornaconto, consapevoli del danno che arrecano, e questi sono sotto gli occhi di tutti. Ma oltre a questa gentaglia che siede nei banchi del Parlamento e nei consigli di amministrazione, esiste un'altra faccia della stessa medaglia. È un versante ricco di sfaccettature, un misto di indifferenza, ignoranza e disfattismo. È la faccia dei qualunquisti, quelli del "sono tutti uguali", "è tutta una merda", "che ci vuoi fare, funziona così". Quelli che si chiamano sempre fuori, ma che in realtà sono coautori a pieno titolo della tragedia italiana. Io non sono di certo un ottimista di natura, ma mai resto indifferente, mai, e spero di non smarrire con il tempo il vizio di indignarmi e incazzarmi, anche se non fa bene alla salute. Per questo credo che non festeggiare l'unità d'Italia, il momento in cui abbiamo provato a camminare con le nostre gambe, sia un segno di resa incondizionata e ingiustificata che non possiamo permetterci. Se invece pensate davvero che l'unità d'Italia sia stata una disgrazia, allora avete tutto il diritto di non festeggiare, ma poi abbiate il buon gusto di non lamentarvi del paese in cui vivete. Sareste poco coerenti con voi stessi.
Almeno è quello che penso io.