Questa inchiesta di Michele Azzu è stata pubblicata su L’Espresso online il 18 marzo 2013.
Quando lo tsunami si placa è tempo di contare i danni. Due settimane dopo lo tsunami elettorale di Grillo possiamo identificare le vittime: i partiti, il Pd. Ma c’è un’altra vittima: il sindacato, o meglio, i confederali Cgil, Cisl e Uil. Secondo l’Osservatorio Lapolis il 40 per cento degli operai ha votato Movimento 5 Stelle. Una cifra di questa portata significa una cosa: sono tantissimi i tesserati dei tre sindacati che hanno votato M5S, il movimento politico che vuole abolire – o in maniera più realistica riformare – queste stesse organizzazioni. Ma ogni tsunami è originato da un terremoto, e in questo caso ha tutto inizio a Roma il 26 novembre 2009: quel giorno tremila operai dell’Alcoa fecero tremare il suolo della capitale, al ritmo dei loro elmetti sbattuti all’unisono.
Quel terremoto si è propagato per tutto il 2010 fino ad oggi: gli operai sulle gru, sui tetti, l’occupazione dell’Asinara. Un’emergenza sociale in cui i soccorsi dei sindacati non sono mai arrivati: «All’Asinara ci andammo senza sindacati», ricorda Tino Tellini, uno degli occupanti Vinyls all’Asinara. I lavoratori della Richard Ginori, a Sesto Fiorentino, nel 2010 hanno abbandonato in massa la Cgil per fondare un Cobas: «Volevano firmare l’accordo sui licenziamenti, mentre portavamo avanti una lotta durissima» racconta Giovanni Nencini, delegato Cobas. L’Ilva di Taranto, dove anche la Fiom è accusata da più parti di connivenza con l’azienda dei Riva: «Mettersi contro l’azienda voleva dire mettersi contro il sindacato», dice Lorenzo Semeraro, ex delegato Fiom e oggi Usb, sindacato che in pochi mesi ha già raccolto 400 deleghe nell’impianto siderurgico.
La crisi del Pd e della sinistra è strettamente connessa alla crisi dei sindacati confederali, e su queste crisi si instaura il fenomeno M5S. Non è un caso se questo accade nei giorni in cui La Notizia scopre un “tesoretto” della Cisl di 64 milioni, che mina la credibilità del sindacato cattolico, gli stessi giorni in cui un gruppo di autisti Amt di Genova organizza uno sciopero col simbolo del Movimento 5 Stelle. Lo ‘Tsunami’ tour ha fatto tappa in tutti i luoghi distrutti nel lavoro: Ivrea, Taranto, il Sulcis, Termini Imerese, Sesto Fiorentino. Quei deserti industriali dove il terremoto della disperazione ha lasciato spazio a uno tsunami che era tutto, fuorché imprevedibile.
DOPO IL TERREMOTO, PRIMA DELLO TSUNAMI. Nel Sulcis alcuni operai dell’indotto Alcoa hanno occupato per 40 giorni un tunnel sotto la miniera, per ottenere la cassa integrazione. «Siamo come negli anni ’60, manca poco che tornino gli anni di piombo», spiega il sindacalista Manolo Mureddu. «Pensioni ed ammortizzatori sociali sono il reddito del Sulcis, e Monti ha riformato gli ammortizzatori e creato gli esodati». Nel Sulcis, una volta feudo dell’Udc e dove Berlusconi incassava voti, il Movimento 5 Stelle ha preso il 30 per cento. Manolo ha sempre votato centrodestra, ma ora non più: «Sono sindacalista Fsm Cisl, la federazione sarda autonoma dei metalmeccanici. Ho attaccato Bonanni duramente», ammette. I politici nel Sulcis non vanno più: lo scorso novembre i ministri Barca e Passera sono dovuti scappare in elicottero a causa delle proteste. Beppe Grillo, lui ci è andato: «L’ho portato in miniera – racconta Mureddu – è l’unico che si è fatto vedere. É vero, non sa nulla di sindacato o industria, ma non importa. La funzione storica del M5S è mandare tutti a casa».
Più a nord, nella provincia di Sassari della Vinyls, il dato sul M5S rimane al 30 per cento. «Il Pd ha capito di essere all’ultimo giro e si sta chiudendo a riccio», dice Tino Tellini, uno degli occupanti dell’Asinara nel 2010. «Hanno fatto le primarie e poi hanno imposto altri due candidati sul vincitore». E i sindacati? «Oggi sono visti come un’istituzione che fa finte battaglie per poi firmare gli accordi dell’azienda». Come accadde per la Vinyls: «Nel 2009 si firmava l’accordo più importante della storia dello stabilimento, quello sulla chiusura di Fenolo e Cumene, senza neanche un’assemblea per consultare gli iscritti». Gli operai delle proteste, che fine fanno? «Sono 30 anni in Cgil, non mi hanno mai proposto di entrare nel direttivo. E credimi, ci sono entrate anche persone che non sapevano mettere due parole in fila», conclude Tino, che oggi sta cercando lavoro.
LOTTARE CONTRO IL SINDACATO. L’otto marzo gli operai della Sodexo di Pisa hanno riconsegnato le tessere Cgil perché, scrivono nel comunicato: «I funzionari della Cgil hanno lavorato per dividere i delegati sindacali ed il fronte dei lavoratori, con intimidazioni e pressioni». Poco lontano, a Sesto Fiorentino, c’è la Richard Ginori, fallita a gennaio. «É il “modello toscana”», spiega Giovanni Nencini, delegato Cobas in Ginori. «L’accettazione ineluttabile dei licenziamenti e della cassa integrazione». La storia sindacale della Richard Ginori è emblematica: nel 2010 tutti gli iscritti e i delegati Filctem sono passati ai Cobas. «Nel 2004, quando i manager di allora volevano licenziare 120 persone, facemmo 30.000 ore di sciopero ma la Cgil ci lasciò da soli». Gli operai vinsero la battaglia, ma nel 2006: «Rimandarono i delegati alle proprie mansioni. Così costituimmo un Cobas che raccolse tutti». Se nel Sulcis il voto “di protesta” può essere imputato all’assenza, in Toscana il voto è antisistema. «Partiti e sindacati qui creano un sistema autoreferenziale», racconta Nencini. «I percorsi formativi per il resinserimento lavorativo sono appaltati a un’agenzia di cui si occupa un ex assessore, e che parallelamente fa selezione del personale per le aziende». Con una mano si licenzia, con l’altra ci si occupa di formare i cassintegrati. «Il voto a Grillo c’ha dentro tutte queste robe qui», conclude il sindacalista.
Anche all’Ilva di Taranto la storia sindacale può far capire molte cose. Nel 2012 sono nati prima il comitato “Cittadini liberi e pensanti”, col simbolo di un apecar, che organizza assemblee aperte. A settembre, invece, Lorenzo Semeraro e Francesco Rizzo, ex delegati Fiom, hanno costituito un sindacato di base (Usb), con cui hanno già ottenuto 400 deleghe ed organizzato 15 giorni di sciopero dopo la morte di Claudio Marsella, travolto dal locomotore. «Anni fa eravamo essenziali in Fiom, io ci sono stato sette anni, ero segretario all’Ilva», spiega Cataldo Ranieri del comitato. Ranieri, Semeraro e Rizzo lasciano la Fiom tra il 2007 e il 2008 per vicende diverse. «Mi dimisi dopo una serie di denunce ambientali che facemmo all’Asl – racconta Ranieri – I tre sindacati firmarono un accordo per cui queste denunce dovevano passare attraverso una “procedura di raffreddamento” prima che all’Asl, attraverso la gerarchia sindacale. Fu una maniera di metterci dei lacci». Semeraro, invece, di cui abbiamo già scritto su “Precari e veleni, Taranto muore” ci spiega che sulle 400 deleghe ottenute in Ilva, col nuovo sindacato di base: «C’è un ricorso perchè molti di questi operai si sono visti reiscritti a loro insaputa negli stessi sindacati in cui erano prima, soprattutto Uilm».
PERCHÈ ABBIAMO VOTATO GRILLO. «Il programma del Movimento 5 Stelle è debole sul lavoro?», si chiede Cataldo Ranieri dell’Ilva. «Ma perché poi gli altri partiti lo realizzano il programma sul lavoro?». Aggiunge Semeraro: «Articolo 18 nel programma lo può scrivere chiunque». Insomma, da una parte manca il programma, dall’altra la credibilità. «Grillo non è stato evasivo sull’Ilva, è stato onesto. Ha detto: lo dovete risolvere voi tarantini», ricorda Semeraro, che ha votato M5S. Laurea Stefanelli è una delegata Cobas della Richard Ginori, ed è stata consigliere comunale dei Ds. Anche lei ha votato Grillo: «Dicono che abbiamo votato degli incompetenti – spiega Laura – ma è questo il punto di forza, sono persone normali, non i soliti riciclati». Concorda Semeraro: «Ho votato M5S perchè voglio vedere le casalinghe e gli studenti in parlamento».
É critico, invece, Antonio Di Luca, uno dei 19 operai Fiom reintegrati alla Fiat di Pomigliano, e candidato alla camera per Rivoluzione Civile. «I lavoratori si pentiranno di avere votato M5S. Non c’è stata un’alternativa di sinistra, la colpa è di Bersani che non ha guardato a Ingroia». Antonio, che sul lavoro ha un esperienza importante, dice che: «Trovo i grillini inconsistenti sul lavoro. Va bene il pannello solare, ma chi ci metti a lavorare? Un bambino o un operaio con contratto nazionale?». Anche per Di Luca, che porta avanti coi colleghi una battaglia durissima in Fiat, il problema è stato del sindacato: «Se sei lavoratore hai visto chiaro. I partiti che hanno candidato sindacalisti Cisl e Uil non sono passati». Ma per lui l’esito di queste elezioni risulterà drammatico: «I grillini non hanno idea dei processi di forza nei rapporti di lavoro. Ho sentito una di loro dire che vuole l’auto elettrica a Pomigliano. Glielo vai a dire tu, a Marchionne?».
di Michele Azzu | @micheleazzu
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