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Perché i lettori dovrebbero vivere in posti a parte

Creato il 21 novembre 2013 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
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Spocchiosi, un po’ presuntuosi, diversi: sto parlando di te sì, e pure di me. Poco ti importerà delle mie faccende personali, ma un piccolo aneddoto spero me lo consentirai. Anni fa, tanti ahimè, avevo un fidanzato (che bella l’epoca in cui marito/compagno è faccenda che riguarda altri), senza preavviso rimasi a dormire a casa sua, quella che divideva con i genitori e, visto che non ero preparata alla notte, mi venne fornito un piccolo necessaire: pigiama, asciugamani e uno spazzolino nuovo di zecca. Non mi bastava, per addormentarmi felice ho bisogno di leggere un po’ e, seconda coincidenza, quel giorno non avevo con me il solito libro in borsa. Ne chiesi dunque uno in prestito e, orrore, in quella casa non ve ne era nemmeno uno. Uno! Inutile dire che da quel momento ho guardato a lui e alla sua famiglia come a esseri abietti, freddi, brutti e, inutile bis, lui è ora ricordo lontano, così come la sua triste casa. Ma il punto è un altro, il punto è che da quel momento in poi non ho più potuto avere stima nei loro confronti.

Ed è un po’ così l’atteggiamento del lettore (forte si dice ultimamente, no?), di boria e superbia. Vogliamo convertire questi eretici della carta stampata che ci girano intorno, esporre alla pubblica gogna quelli che alimentano il mercato dei libri di Vespa, fustigare senza pietà chi non segue la premiazione del Nobel come una finale di Champions. Non negare, non scuotere il capo facendo finta che la pazza sia solo io, bugiardo! Il fatto è che noi riteniamo l’atto del leggere qualcosa di magico, stregonesco, l’inchiostro delle pagine ci infonde una grandezza d’animo che, spesso, vediamo solo noi. Sì, chi legge parla meglio e scrive meglio, ma è davvero migliore degli altri? Ecco il nodo gordiano: io penso di sì. Penso che chi si dedica alla lettura sia un individuo più degno di quelli che non lo fanno. Chi cita Volo come “il mio scrittore preferito” si guadagna il mio disprezzo eterno, chi dice “non ho tempo” l’avversione più bieca.E non mi tirate il pistolotto sul fatto che sono invidiosa: questo vizio capitale m’appartiene, ma concedetemi di invidiare chi è meglio di me, suvvia. Vende, e chissene frega. Io come tutti quelli che scrivono voglio sì non campare d’aria, ma voglio essere citata come esempio di bella scrittura, non come una dal gran conto in banca. Voglio entrambe le cose, certo che sì, ma allora lasciatemi invidiare che so King, che avrà pure scritto qui e lì delle vere zozzerie ma che ha pure tirato fuori dalla biro fior fior di testi.

E i social? Beh, attraverso le mie pagine facebook e twitter seguo case editrici e scrittori, amanti dei libri e affini, perché quello mi piace, quello mi interessa, non è che non sappia d’altro o non mi importi altro ma quello di più, molto di più. E non mi rilasso mai, se qualcuno in tram dice la parola libro salto su come il topino di Alice, e spio le copertine dei compagni pendolari, e lo fai pure tu, t’ho visto mentre in una posizione che non sapresti mai riproporre a richiesta ti contorcevi per scoprire con cosa mi dilettavo seduta nel metrò.

E il fastidio che proviamo noi lo provano pure loro, gli altri direbbe il sopracitato King, non è mica semplice averci tra i piedi? Non c’è autore su cui non abbiamo un’opinione, non c’è giorno che non infiliamo in una frase parole sconosciute, da manicheo a ottativo passando per esecrabile, e lo so che le stai leggendo e pensi embè, e queste sarebbero parole difficili? E sai perché lo pensi? Perché sei uno spocchioso lettore pure tu. Dovrebbero costruire quartieri a parte, o persino città, io una la chiamerei Utopia, o Macondo e litigheremmo per la scelta, e saremmo felici di litigare e chissà magari i nostri sarebbero mondi migliori. E tra poco arriva Natale, ce lo stanno dicendo più o meno da fine agosto, e regaleremmo un libro senza che il ricevente abbozzi un finto sorriso compiacente pensando “e io che le ho regalato un completino d’intimissimi/videogioco fighissimo”. Saremmo tutti più felici, credimi, faremmo figli tra di noi, non avremmo fidanzati con in casa libri in numero di zero, ci offenderemmo con battute taglienti e citazioni senza mai sentirci rispondere “stronzo”: l’interlocutore avrebbe una troppo grande esigenza di dimostrarsi migliore di noi.

Rivendichiamo questa separazione, lettori di tutto il mondo uniamoci e andiamo a chiedere questi posti a parte, appena sentiranno le nostre rivendicazioni, fidatevi, ci spingeranno nella lotta, sì: a calci nel sedere. Ma che importa se mentre infuria la battaglia separatista avremo come scudo un bel libro.


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