Tanto è dominante la linea dell'austerità in Europa da essersi affermata saldamente anche in paesi come l' Olanda nei quali l'approccio all'intervento in economia è storicamente di tutt'altro tipo. Per questo secondo Simon Wren Lewis docente di economia a Oxford, è necessario capire la questione più profondamente facendo luce sulle ragioni per cui i politici stanno ormai pervicacemente ignorando le valutazioni degli economisti sugli effetti nocivi delle politiche di austerità. Anche l'Olanda, che sta facendo i conti con la recessione, è entrata nel perfetto circolo vizioso che vede aumentare il rapporto deficit/Pil, rincorrendo inutilmente l'obiettivo del Patto di Stabilità attraverso tagli alla spesa. E quel che è più incredibile - sottolinea Lewis - è che il leader dei laburisti - che fan parte della coalizione di governo - ritiene semplicemente di mitigare l'azione dei tagli alla spesa pubblica spostandoli all'anno successivo!
Sul tema è emersa un interessante commento del Direttore dell'Istituto per la Programmazione Economica olandese - Tueling - in merito alle posizioni pro-austerità dei politici presenti a una conferenza promossa dal Fondo Monetario Internazionale. Tueling afferma di non credere alle motivazioni di questi ultimi quando palesano la necessità di agire con politiche di austerità nel breve periodo non essendo in grado di operare nel lungo periodo. Tueling crede piuttosto che il discredito verso gli economisti da parte dei politici sia stato alimentato da tre fattori:
1) la memoria degli anni '70 durante i quali furono praticate politiche keynesiane senza tener conto degli impatti della crisi petrolifera;
2) gli economisti per lungo tempo non hanno preso in considerazione manovre di tipo anticiclico e non hanno in questo senso fornito una supporto che guidasse in questa direzione l'azione delle politiche economiche (qualcosa di simile a ciò che si è fatto con la "regola di Taylor" in ambito monetario);
3) i politici giudicano l'austerity nel breve periodo assai più favorevolmente di riforme strutturali di lungo periodo, poiché sono in grado di valutarne l'eventuale successo. Senza tener conto che politiche di austerità di breve periodo tendono ad avere un impatto più diffuso sulla popolazione senza colpire i maggiori gruppi di interesse.
Lewis non crede in verità troppo alle argomentazioni riportate nel secondo punto, avendo riscontrato in prima persona un significativo disinteresse da parte della politica nei confronti di chi, come lui, negli anni passati ha prodotto una folta messe di articoli in materia di politiche fiscali. E quanto alla "regola di Taylor" Lewis ritiene che l'interesse nella sua applicazione sia venuto più dai banchieri che dai politici.
Sul fronte delle politiche fiscali andrebbe invece costruita una cultura oggi totalmente assente, una cultura nella quale tornino ad essere centrali le politiche di stabilizzazione macroeconomica su base fiscale, magari attraverso una sorta di rete coordinata di Agenzie nazionali per la programmazione economica. Attualmente un sogno tutto da realizzare, ma certamente un obiettivo importante a cui puntare se si intende dare una svolta reale all'impostazione delle politiche economiche europee.
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