Di Federico Catani il 10 ottobre | ore 12 : 50 PM
Non intendiamo tornare indietro sul bipolarismo, una condizione di democrazia trasparente in cui chi vince governa e chi perde va all’opposizione
È quanto ha detto Alfano nel corso del suo intervento alla kermesse “Verso un nuovo Pdl”, organizzata dal ministro Gianfranco Rotondi a Saint Vincent. Sono parole da incorniciare e da tenere bene a mente, perché rivelano, rebus sic stantibus, la totale incompatibilità tra Pdl e Terzo Polo.
Le divergenze tra i due soggetti politici non sono tanto a livello ideologico: l’Udc infatti appartiene al Partito popolare europeo. La differenza sostanziale riguarda il modo di concepire l’assetto politico. Per Casini e compagnia, compreso Fini, il bipolarismo ha fallito. Per il centrodestra (ma anche per il Pd), l’assetto bipolare è una conquista incancellabile e positiva, alla quale non si può rinunciare. Ora, che la nostalgia per la Prima Repubblica faccia parte del bagaglio ideale di un democristiano a tutto tondo come Casini è normale e, in un certo senso, accettabile. Che però rimpianga la vecchia politica anche Fini è assurdo. Ma, si dirà, Futuro e Libertà sostiene di lavorare per la Terza Repubblica e non per spostare indietro le lancette dell’orologio. Si, è vero, lo dice. Però sta di fatto che Fini, l’uomo del presidenzialismo, quello convintamente bipolarista, nonché presunto costruttore di una destra nazionale, ora convive sotto lo stesso tetto con Casini e Rutelli. Che fine ingloriosa! E, come se non bastasse, non solo rinnega gli anni della sua alleanza con Berlusconi (in fondo, non è una novità, ha sempre rinnegato tutto e tutti), ma ora si esprime come un Di Pietro o un Bersani qualsiasi, attaccando con la solita litania delle leggi ad personam, della crisi e così via.
Ma lasciamo il presidente della Camera e torniamo a noi. Alfano ha chiuso la porta al Terzo Polo, perché non accetta “condizioni capestro”. Infatti, l’Udc si è resa disponibile ad un governo di larghe intese con la maggioranza a patto che Berlusconi se ne vada. Ora, a chiedere le dimissioni del Cavaliere sono in tanti anche nel Pdl. Tuttavia, Alfano non può cedere su questo punto. Sia chiaro, anche il sottoscritto ritiene che il premier debba annunciare al più presto e ufficialmente che non si ricandiderà nel 2013 e che debba partire la macchina delle primarie, se non altro per testimoniare che il partito è ancora vivo e in grado di continuare a governare. Però da qui fino al termine della legislatura Berlusconi deve restare presidente del Consiglio, altrimenti si cederebbe alla “violenza”. Inoltre, è bene ricordarlo, qualora il Pdl decidesse di allearsi con l’Udc, deve essere chiaro che i vecchi democristiani non possono pensare di trasformare il centrodestra in una riedizione della Balena bianca. Alfano ha intenzione, almeno così pare, di costruire un grande partito popolare in Italia, sul modello dell’Europa. Ebbene, Casini si metta in testa che tutto ciò significa porre fine alla “politica dei due forni” e del centrismo. I Paesi maturi hanno due grandi partiti che si alternano al governo. Stop. Chiunque voglia proseguire sulla strada del doppiogiochismo, delle terze vie e dell’ambiguità è pregato di restarsene fuori.
Se c’è una cosa che ha fatto di buono Berlusconi è stata proprio l’introduzione di un sistema politico moderno. Il Terzo Polo dunque può scegliere tra due opzioni: o continuare così, restando fondamentalmente insignificante, pur credendo di rappresentare l’ago della bilancia, oppure decidere da che parte stare, abbandonando le sue velleità di potenza. Ad ogni modo, rincorrere i centristi non mi pare una buona idea. Alfano l’avrà capito?