Molti di voi avranno certamente visto o sentito qualcosa riguardo l’Ice Bucket Challenge, la video sfida virale a colpi di secchiate d’acqua nata con la finalità di raccogliere fondi per la SLA.
Questa sfida ha coinvolto parecchi personaggi (più o meno) famosi e ci si è interrogati su quanto la partecipazione di alcuni di questi fosse più una mossa pubblicitaria che un gesto di altruismo.
Non è certo un mistero che l’altruismo non sempre sia disinteressato: senza scomodare campagne a livello mondiale, ciascuno nel proprio piccolo può domandarsi se fare del bene lo abbia fatto stare meglio.
Diciamoci la verità: i gesti altruistici producono benefici non solo per i destinatari, ma anche per i mittenti.
Quando mi capitava di parlare agli incontri di reclutamento di nuovi volontari universitari, amavo dire “siate egoisti, fate volontariato!”. Un po’ provocazione, un po’ paradosso, questa frase sottintendeva ciò che avevo imparato: il volontariato fa del bene anche a chi lo pratica. Non c’è nulla di cui vergognarsi, anzi.
In generale, i benefici dell’altruismo possono riassumersi così:
- Miglioramento del benessere fisico. Più o meno come fare una corsetta al parco, l’altruismo innesca il rilascio di endorfine che ci fanno sentire meglio.
- L’autostima sale. Ci sentiamo valorizzati, siamo importanti per qualcuno che stiamo aiutando. Il sorriso di una persona anziana,le feste del cagnolino del canile: piccole dimostrazioni di affetto che ci fanno sentire soddisfatti perché stiamo facendo la differenza nella vita di qualcuno.
- Si apprezzano di più le piccole cose. Trovarsi di fronte a situazioni difficili ci offre un altro punto di vista per valorizzare ciò che abbiamo e che a volte non vediamo, o non ci sembra mai abbastanza. Ci viene data un’opportunità per distaccarci dai nostri problemi e eventualmente rivalutarli.
Ovviamente questo genere di attività, specie se esasperata, può nascondere delle insidie. C’è il rischio di non riuscire a organizzare il proprio tempo, di sbilanciare le giornate a discapito degli affetti familiari. Presi dalla foga iniziale può capitare di accollarsi compiti eccessivi che poi non si riesce a gestire e si finisce con l’essere sopraffatti. Senza contare il senso di impotenza e frustrazione che si prova in particolari contesti, come l’assistenza di persone gravemente malate. Per questo è importante non essere soli e poter contare su una formazione specifica e su una buona rete di supporto.