Magazine Pari Opportunità

Perché l’epoca in cui viviamo non ci corroda

Da Femminileplurale
«Esiste una sconfitta
Pari al venire corroso
Che non ho scelto io
Ma è dell’epoca in cui vivo».
Cccp, Fedeli alla linea – Morire

La più deprimente parte della incredibilmente deprimente puntata di Servizio Pubblico di ieri:  Berlusconi, ospite unico, dopo aver intriso milioni di italiani, è oramai al finale e ricorda che nel 2001 Forza Italia prese quasi 11 milioni di voti. Si volta rigido verso il pubblico in studio, che durante la serata aveva giù più volte coinvolto, e chiede sorridendo: “Tutti coglioni?“. E in coro il pubblico grida: “Sì!“.

Possibile non ripensare alle parole che tutti avevamo speso quando nel 2006 Berlusconi diede proprio dei coglioni agli elettori di sinistra?

Allora si parlò tutti di rispetto, di convivenza, di democrazia, si citò Voltaire non-condivido-ciò-che-dici-ma-morirei-perché-tu-possa-dirlo, eccetera. Oggi che l’elettorato di sinistra e di centrosinistra si ritrova, dopo essere stato vessato per anni dalla follia berlusconiana e – parimenti e dialetticamente – foraggiato dal populismo anti-berlusconiano, esso prova un tale e sincero orrore per la ricomparsa di Berlusconi (ma era mai scomparso?) che è come se ne avesse assunto, per esasperazione, i toni e la mentalità anti-democratici che si si figura di voler combattere.

Allora un punto fondamentale dell’Agenda – non quella di Monti, la nostra – è cominciare a valutare pensieri e azioni politiche propri e altrui sulla base della loro qualità democratica. Nel fare questo è necessario partire da sé stessi: e in questo campo il femminismo può insegnare molto. Si tratta di ascolto di sé e di una sorta di auto-educazione, in questo caso civica. Come per il patriarcato, per poterlo sconfiggere è innanzitutto necessario identificare il germe fascista che abbiamo interiorizzato e che ci guida da dentro. Liberarsene faticosamente e iniziare la propria vita, non quella che la società ci trascinerebbe con la malevola dolcezza dell’inerzia a farci vivere.

Si parla molto di costruire realtà nuove, in dimensioni anche piccole e locali. Non si tratta di “prendere il potere” (quale poi?) bensì di alimentare una cultura democratica, equa, solidale, sostenibile che possa sostenere un cambiamento che parta da noi e dalle relazioni che insieme costruiamo. Questa è la difficile direzione nella quale possiamo e vogliamo agire – senza venire corrosi.


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